Circolo del cinema di Bellinzona


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CH6500 Bellinzona

clint eastwooD    

regista  settembre 2010 - MAGGIO 2011

 

FLAGS OF OUR FATHERS

Id., 2006


Sceneggiatura: William Broyles jr. e Paul Haggis, dal libro di James Bradley e Ron Powers; fotografia: Tom Stern; montaggio: Joel Cox; musica: Clint Eastwood, arrangiata e diretta da Lennie Niehaus (arrangiamenti speciali: Kyle Eastwood e Michael Stevens); interpreti: Ryan Philippe, Adam Beach, Jesse Bradford, Barry Pepper, Jamie Bell, Paul Walker, John Benjamin Hickey, John Slattery, Robert Patrick, Neal McDonough, Melanie Lynskey, Myra Turley, Tom McCarthy, Ned Eisenberg...; produzione: Clint Eastwood e Steven Spielberg per Malpaso/Amblin Entertainment e Dream Works/Warner Bros.


35mm, colore, v.o. st. f/t, 131'


James Bradley (McCarthy) intervista l'anziano capitano Severance (McDonough) per sapere la verità sull' “alzabandiera” del monte Suribachi e la fotografia che immortalò suo padre, il barelliere “Doc” Bradley (Philippe), il portaordini Rene Gagnon (Bradford), il nativo americano Ira Hayes (Beach) e altri tre soldati (morti nei giorni successivi), trasformandoli immediatamente in eroi nazionali, tolti dal fronte e mandati in giro per l'America per sostenere lo sforzo bellico e la raccolta di fondi.


Il primo dei due film che Eastwood ha girato quasi contemporaneamente sulla sanguinosa battaglia di Iwo Jima (l'altro, visto dalla parte dei giapponesi, è Lettere da Iwo Jima) parte dal libro del vero James Bradleyr riflettere sul contraddittorio intreccio che si crea tra Storia, Mito e Ricordo. La sceneggiatura di William Boyles jr e Paul Haggis intreccia diversi piani temporali per interrogarsi su due punti: come si passa dalla “realtà” alla “leggenda”, ma anche qual è l'insegna,mento che quei padri hanno trasmesso ai loro figli (“gli eroi non esistono...Gli eroi sono una cosa che creiamo noi, una cosa di cui abbiamo bisogno”). Eastwood lascia in secondo piano la battaglia più sanguinaria di tutta la Seconda guerra mondiale, allo stesso modo in cui evita le polemiche storiche sulla verità della fotografia (…) per cercare una verità che le esigenze della propaganda cercarono in tutti i modi di stravolgere e ricordarci che “qualsiasi somaro crede di sapere cos'è la guerra... Le cose piacciono semplici e lineari: buoni e cattivi, eroi e canaglie” e invece i fatti “quasi mai sono come ce li immaginiamo noi”. Coerentemente con la convinzione secondo cui niente è solo chiaro o scuro, la fotografia di Tom Stern evita i colori brillanti dell'epica cinematografica per scegliere una luce sporca e terrosa e ribadire il tono cupo e antiretorico di tutto il film, cui contribuisce anche un cast senza star (...)