Circolo del cinema di Bellinzona
casella postale 1202
CH6500 Bellinzona
Bellinzona - Lugano - Locarno >> SETTEMBRE 2012 _ MAGGIO 2013
LA MORT DE MARIO RICCI
Sceneggiatura: Claude Goretta, Georges Haldas; fotografia: Hans Liechti; montaggio: Joëlle Van Effenterre; suono: Daniel Ollivier, Dominique Hennequin; musica: Arié Dzierlatka; scenografia: Yanko Hodjis; interpreti: Gian Maria Volontè, Magali Noël, Heinz Bennent, Mismy Farmer, Jean-michel Dupuis, Michel Robin, Lucas Belvaux, Claudio Caramaschi, Michel Cassagne, Michael Hinz, Marblum Jéquier, Jean-Claude Perrin, André Schmidt, Bernard Soufflet, Roger Jendly…; produzione: Daniel Messere, Norbert Chalon, Norbert Saada, Yves Gasser, Yves Peyrot, Pégase Films Genève/Swanie Productions (F)/TSR/Tele-München (D)/FR3 (F), Svizzera/Francia/Germania 1983.
DCP (Bellinzona e Lugano)/35mm (Locarno), colore, v.o. francese st ted. o ingl., 100’
Premio per l’interpretazione maschile a Gian Maria Volontè Cannes 1983
Bernard Fontana, reporter alla televisione svizzera, si reca in un villaggio del Giura per intervistare il tedesco Henri Kremer, grande specialista del problema della fame nel mondo, ritiratosi in Svizzera da diversi anni. Entrambi attraversano un momento di crisi: il primo, ex grande reporter, handicappato in seguito ad un incidente in America latina negli anni Sessanta, è ormai confinato sul territorio nazionale; il secondo, disilluso, constata che, nonostante il suo impegno, la malnutrizione avanza nel mondo. Il giorno prima dell’arrivo di Fontana, Mario Ricci, un operaio italiano, è stato vittima di un incidente di moto: morirà qualche giorno dopo. Questo incidente e la presenza attenta di Fontana serviranno a rivelare le tensioni che agitano la comunità…
La crisi che incombe sulla piccola comunità qui rappresentata non è che il riflesso di una crisi più generale: quella del nostro mondo, a cui nessuno oggi può scappare (…) Se le azioni parallele che si svolgono nel film hanno come contesto un villaggio svizzero apparentemente senza storia, il loro significato ha una portata che va ben al di là di questo quadro ristretto. Si può pensare a una favola. E non è un caso che la lingua dei personaggi sia il francese, ma un francese fortemente segnato da diversi accenti (…) Ognuno di questi accenti riflette una mentalità particolare: insomma, un piccolo mosaico europeo in confetti elevetici!
(Claude Goretta, dal Press Book del film)
Sotto una calma apparente, covano il razzismo e la violenza… Il personaggio del titolo non appare sullo schermo. Goretta lo utilizza come rivelatore di una realtà collettiva. Il suo proposito si rivela nella scena in cui Kremer, appassionato di pittura fiamminga, tiene una lezione di estetica e di morale. Il quadro che commenta rappresenta un interno benestante, che sembra preservare dai tumulti esterni della vita e della società. Ma i dettagli iscritti in questo insieme equilibrato, come i riflessi delle case di fronte, ecc.) portano le tracce dell’esistenza quotidiana. Se ne deduce che le apparenze ingannano.
(dal Bollettino della Cinémathèque suisse, n. 264, novembre-dicembre 2011)