Circolo del cinema di Bellinzona


casella postale 1202

CH6500 Bellinzona

il cinema di Valerio Zurlini

10 Gennaio - 2 marzo 2011

 

Presentazione

La bella sinestesia (o se si preferisce il bell’ossimoro) “lacrime squisite”, che dà il titolo a questa rassegna,  la dobbiamo a Fernaldo Di Giammatteo, che in realtà intendeva stroncare il cinema del regista bolognese: “Zurlini potrebbe essere il moderno Gozzano dei borghesi tormentati dalla malattia dell’incomunicabilità. Uno sconfitto che pensa di salvarsi piangendo lacrime squisite”.  Ma come commenta Sergio Toffetti, che lo cita nella monografia da lui curata in occasione della retrospettiva dedicata a Zurlini dal Festival di Locarno nel 1993, “è quasi tutto giusto, basta cambiarne algebricamente il segno da negativo in positivo. Quale miglior salvezza, infatti, che quella che nasce da ‘lacrime squisite’?” (1)

Valerio Zurlini (1926-1982) è uno di quei registi che non ha mai goduto, né in vita né dopo la morte prematura, della considerazione critica che avrebbe meritato, soffocato in certo senso dalla presenza ingombrante dei grandi nomi nei quali si identificava il cinema italiano di quel periodo (Rossellini, Visconti, Fellini, Antonioni, Pasolini…) e difficilmente inquadrabile nelle grandi “tendenze” del dopoguerra quali il Neorealismo o la Commedia all’italiana. Forse il suo è stato un percorso troppo discreto e anche troppo sofferto (solo otto lungometraggi in ventidue anni) per essere riconosciuto come autorevole. Eppure pochi altri registi italiani hanno saputo analizzare con tale finezza i sentimenti umani, le passioni violente che ci condizionano e ci distruggono, il rapporto tra l’individuo e la Storia, le corrispondenze tra la psicologia dei personaggi e il paesaggio in cui essi evolvono . Si può senz’altro sottoscrivere quanto afferma Jean Gili (uno dei critici che più si è occupato di Zurlini): “Con Antonioni, Zurlini è il grande cineasta dei paesaggi degli stati d’animo”. Vale a dire che in tutti i suoi film l’ambientazione (che sia Firenze e la sua campagna, o  la costa adriatica tra Rimini e Riccione, o ancora i paesaggi metafisici  de Il deserto dei Tartari) riflette sempre l’intima natura dei suoi tormentati personaggi. Ed è sempre Jean Gili a rivelarci il segreto della poetica di Zurlini, così poco in sintonia con l’aria dei suoi tempi da condannarlo al ruolo di un’anima appartata: “Nel realismo cinematografico italiano, Zurlini occupa una posizione affatto particolare: ciò che cerca di filmare è la realtà interiore. Il cineasta appartiene a una sorta di generazione perduta, solitaria e distante di fronte a un mondo senza qualità, lacerato dalle contraddizioni che lo spingono in un unico movimento verso l’esaltazione romantica e verso la volontà d’autodistruzione”. (2)

Ma prima di lasciare il campo alle immagini dei suoi film, vanno ricordate ancora un paio di cose.

La prima è lo stretto rapporto che Zurlini ha intessuto con la letteratura: dalle due trasposizioni dei libri dell’amico Pratolini (Le ragazze di San Frediano e Cronaca familiare), all’adattamento del romanzo di Ugo Pirro Le soldatesse,  fino alla trascrizione quasi fedele de Il deserto dei Tartari di Buzzati.  Come ricorda egli stesso, la sua formazione come narratore per immagini “veniva dal fatto che all’epoca leggevo molto, seppure in modo disordinato”; e anche quando i suoi film non hanno un legame diretto con un’opera letteraria, si percepisce comunque sempre la lezione dei classici e, in particolare, la “profonda formazione tolstoiana” del regista, che lo portava ad amare in modo particolare la fusione tra le vicende private e gli avvenimenti storici. (3)

La seconda è la sua grande capacità di dirigere gli attori. Il segreto è spiegato da Zurlini stesso con lo “stato verginale” che si ricreava in lui ogni volta che doveva girare una scena, una “verginità” che lo trasformava da regista in spettatore e che doveva contagiare anche l’attore, facendolo diventare il personaggio, la creatura che deve diventare credibile. Sta di fatto che attori come Eleonora Rossi Drago, Claudia Cardinale, Jean-Louis Trintignant, Jacques Perrin, Alain Delon, Marcello Mastroianni e tanti tanti altri hanno dato proprio nei film di Zurlini il meglio di sé.

La retrospettiva presentata dai Circoli del cinema ticinesi vuole essere un ‘occasione per riscoprire e approfondire un autore non certo minore nel panorama del cinema italiano del dopoguerra. Essa copre pressoché l’intera opera di Zurlini (tutti gli otto lungometraggi e cinque della dozzina di corti realizzati all’inizio della carriera nei primi anni Cinquanta) e non sarebbe stata possibile senza la preziosa collaborazione delle cineteche che conservano le copie in 35mm: Cinecittà Luce a Roma, la Cineteca comunale di Bologna e la Cinémathèque suisse di Losanna. A loro, così come al Festival internazionale del film di Locarno che ha subito creduto al valore culturale di questa proposta, va il nostro più sentito ringraziamento.

Michele Dell’Ambrogio, Circolo del cinema Bellinzona


  1. (1)Sergio Toffetti, L’angelo della storia. Valerio Zurlini nel cinema contemporaneo, in Valerio Zurlini, a cura di Sergio Toffetti, Torino, Lindau, 1993, p. 19.

  2. (2)Jean Gili, Percorso di un’opera, in Una Regione piena di cinema. Valerio Zurlini., Bologna, Regione Emilia Romagna, 2005, p. 30.

  3. (3)Tra virgolette le parole del regista, da Intervista con Valerio Zurlini, di Jean Gili, in Valerio Zurlini, a cura di Sergio Toffetti, cit., p. 32 e 34.  

Con il sostegno della città di

Le schede sui film sono tratte da:

  1. Valerio Zurlini, a cura di Sergio Toffetti, Torino, Lindau, 1993 (per la parte tecnica e le sinossi dei cortometraggi e de Il deserto dei Tartari);

  2. Una Regione piena di cinema. Valerio Zurlini., Bologna, Regione Emilia Romagna, 2005 (per la verifica dei dati tecnici);

  3. Il Mereghetti. Dizionario dei film 2008, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2007 (per le sinossi e i giudizi critici sugli altri film);

  4. Intervista con Valerio Zurlini, di Jean Gili, in Valerio Zurlini, a cura di Sergi Toffetti, cit. (per le dichiarazioni del regista sui suoi lungometraggi).


In collaborazione con

  1. Cinecittà Luce, Roma

  2. Cineteca  comunale, Bologna

  3. Cinémathèque suisse, Losanna