Circolo del cinema di Bellinzona

casella postale 1202

CH-6500 Bellinzona

19 SETTEMBRE -

14 NOVEMBRE 2018

ITALIAN GHOST STORY
Sguardi sul nuovo cinema italiano

 
  1. OCCHI CHIUSI / PARLAMI DI LUCY
    Giuseppe Petitto

  2. A CIAMBRA
    Jonas Carpignano

  3. CUORI PURI
    Roberto De Paolis

  4. DOPO LA GUERRA
    Annarita Zambrano

  5. FIGLIA MIA
    Laura Bispuri

  6. L’INTRUSA
    Leonardo Di Costanzo

  7. NICO, 1988
    Susanna Nicchiarelli

  8. SICILIAN GHOST STORY
    Fabio Grassadonia, Antonio Piazza

SICILIAN GHOST STORY

Italia/Francia/Svizzera 2017
Fabio Grassadonia, Antonio Piazza

Sceneggiatura: Fabio Grassadonia, Antonio Piazza; fotografia: Luca Bigazzi; montaggio: Cristiano Travaglioli; musica: Anton Spielman, Sopa & Skin.
Interpreti: Julia Jedlikowska, Gaetano Fernandez, Corinne Musallari, Andrea Falzone, Federico Finocchiaro…
v.o. italiano, st. f, 122'

In un piccolo paese siciliano ai margini di un bosco, Giuseppe, un ragazzino di tredici anni, scompare. Luna, una compagna di classe innamorata di lui, non si rassegna alla sua misteriosa sparizione. Si ribella al clima di omertà e complicità che la circondano e, pur di ritrovarlo, discende nel mondo oscuro che lo ha inghiottito e che ha in un lago una misteriosa via d'accesso. Lì i due si ricongiungono, ma non possono più tornare indietro…


In Sicilian Ghost Story la coppia di promettenti e ambiziosi registi (vincitori del Gran Premio alla Semaine de la critique di Cannes nel 2013 con Salvo) sceglie l'approccio fantastico, le atmosfere fiabesche e gli echi fantasy e a tratti quasi dichiaratamente horror, pescando anche dal thriller psicologico e dal film adolescenziale, mantenendo la cornice del contesto mafioso di fondo. Il film è infatti ispirato alla vicenda di Giuseppe Di Matteo, quindicenne figlio di un pentito ucciso e il cui cadavere venne sciolto nell'acido nel 1995, dopo due anni di rapimento. Una pagina tra le più nere della storia della mafia, che ha assunto un valore tragicamente simbolico e cupamente emblematico. La coppia di registi, virando sul fantastico, sembra voler accentuare proprio questa atroce "mitologia", questa connotazione della vicenda come emblema del male più puro e gratuito, in modo da renderla, astraendola in qualche modo dalla realtà, ancora più grave e scandalosa. Evitando il più possibile, come accennato, di affidarsi agli schemi e agli archetipi, non solo narrativi ma anche stilistici, con cui la mafia è stata perlopiù raccontata dal nostro cinema.

(Edoardo Peretti, in "Cineforum", 566, luglio 2017)