Circolo del cinema di Bellinzona

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CH6500 Bellinzona

Robert Guédiguian

MAGGIO_GIUGNO 2013

BELLINZONA_LOCARNO_MENDRISIO

 

MARIUS ET JEANNETTE
1997


  1. Sceneggiatura: Jean-Louis Milesi, Robert Guédiguian; fotografia: Bernard Cavalié; montaggio: Bernard Sasia; musica: brani da Antonio Vivaldi, Johann Strauss e altri; scenografia: Karim Hamzaoui; interpreti: Ariane Ascaride, Gérard Meylan, Pascal Roberts, Jacques Boudet, Frédérique Bonnal, Jean-Pierre Darroussin, Laëtitia Pesenti, Miloud Nacer, Pierre Bandaret; produzione: Gilles Sandoz per Agat Films/La Sept Cinéma/Canal+, Francia 1997.

  2. 35mm, colore, v.o. francese, 101’


Jeannette cresce i suoi due figli, nati da due padri diversi, in una piccola casa dell’Estaque situata in un cortile dove abitano anche Dédé e Monique, una coppia che battibecca di continuo, e  Caroline e Justin, due celibi le cui solitudini si ritrovano a volte davanti a un piatto di fave. Jeannette vuole ridipingere la casa e cerca di rubare due latte di vernice da un cementificio in demolizione. Qui è sorpresa dal custode Marius, un uomo zoppo e armato di un minaccioso fucile che, con poche e sgarbate parole, le intima di andarsene. Il giorno dopo se lo vede arrivare in casa con la pittura che aveva cercato di portare via. Tra i due nasce un sentimento d’amore, tra tante difficoltà. Entrambi feriti dalla vita, hanno alle spalle due matrimoni finiti tragicamente e guardano alla vita con malinconico disincanto.


Guédiguian ama la voluminosità (nel senso duplice di volume e di luminosità: l’Estaque marsigliese, del resto, ha attratto non pochi pittori), lieve anch’essa, ma mai superficiale, e Marius et Jeannette con il suo cortile popolare e la sua fabbrica in disarmo, è un luogo abitato da facce e corpi pieni, non più giovani, segnati dalle traversie della vita e tuttavia ancora disponibili alla vitalità. Facce e corpi che Guédiguian, per il quale evidentemente la carrellata è ancora una questione di morale, riprende con una verità e una “tenerezza” che oggi paiono marziane, tanto le rughe, i gonfiori ecc. si cancellano o si sfruttano, secondo i casi, per fare spettacolo.

(Paola Malanga, in “Cineforum”, 371, gennaio-febbraio 1998)