Circolo del cinema di Bellinzona

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Robert Guédiguian

MAGGIO_GIUGNO 2013

BELLINZONA_LOCARNO_MENDRISIO

 

LA VILLE EST TRANQUILLE
2000


  1. Sceneggiatura: Jean-Louis Milesi, Robert Guédiguian; fotografia: Bernard Cavalié; montaggio: Bernard Sasia; scenografia: Michel Vandestien; interpreti: Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Alexandre Ogou, Pierre Banderet, Jacques Boudet, Pascale Roberts, Julie-Marie Parmentier, Christine Brücher, Véronique Balme, Philippe Leroy; produzione: Gilles Sandoz, Michel Saint-John, Robert Guédiguian per Agat Films/Diaphana, Francia 1999.

  2. 35mm, colore, v.o. francese, st. ted., 143’


Il film narra la storia di Michèle, che lavora al mercato del pesce e vive solo per salvare sua figlia dalla droga; di Paul, che tradisce i suoi amici scaricatori in sciopero per diventare tassista; di Viviane, musicista che non sopporta più la sinistra realista rappresentata da suo marito; di Abderramane, trasformato dalla prigione, che cerca di aiutare i suoi fratelli; di Claude, che è l’ultimo ad essere ascoltato dagli attivisti di estrema destra; di Gérard, che fa mistero del rapporto con la propria morte e quella degli altri; dei genitori di Paul, in pensione, che non voteranno più; di Ameline, il cui corpo fa mostra del benessere che lei vorrebbe infondere alla gente ricordandole le proprie origini pre-monoteiste; di Sarkis, che lotta per il pianoforte che sogna da sempre...


La ville est tranquille è un film in cui anche le scene più strazianti e pessimistiche (…) sono segnate dalla presenza ideale del suo autore, da quella sua naturale solidarietà con i personaggi, che contrasta apertamente con lo spietato disincanto con cui altri più giovani narratori di cinema d’oltralpe mandano al macello le loro creature. Tutto, anche in un film come questo, che appartiene a quel versante della filmografia di Guédiguian che lo stesso autore definisce come pessimista (il contrario dei film alla Marius et Jeannette o À la place du coeur, tanto per intenderci), è tuttavia profondamente permeato dalla a volte disperata ma sempre vitalistica ispirazione dell’autore, che proprio per il fatto di continuare a fare i suoi film crede sempre nella possibilità di un riscatto, di un cambiamento, di un miglioramento sia nei rapporti umani che in quelli sociali.

(Umberto Mosca, in “Cineforum”, 402, marzo 2001)