David Lynch

Circolo del cinema di Bellinzona

casella postale 1202

CH6500 Bellinzona

BELLINZONA _ LUGANO _ LOCARNO

settembre 2011 _ MAGGIO 2012

 


THE ELEPHANT MAN

Usa 1980


Sceneggiatura: Christopher DeVore, Eric Bergren e David Lynch, dai libri The Elephant Man and Other Reminiscences di Sir Frederick Treves e The Elephant Man: a Study in Human Dignity di Ashley Montagu; fotografia: Freddie Francis; montaggio: Anne V. Coates; scenografia: Stuart Craig; suono: Alan Splet, David Lynch; musica: John Morris, Samuel Barber; interpreti: John Hurt, Anthony Hopkins, John Gielgud, Anne Bancroft, Freddie Jones, Wendy Hiller, Michael Elphick, Hannah Gordon, Phoebe Nicholls, Leslie Dunlop…; produzione: Stuart Cornfeld, Jonathan Sanger, Terence A. Clegg per Brooksfilm.

35mm, bianco e nero, v.o. inglese st. f/t, 124’


1884: John Merrick (Hurt), colpito da una forma ripugnante di neurofibromatosi che gli deforma le ossa del cranio, è usato come attrazione da fiera. Viene “salvato” da un medico, Frederick Treves (Hopkins), e l’uomo-elefante diventa così un protagonista della Londra vittoriana, anche se a causa del suo aspetto mostruoso continuerà ad essere vittima di violenze e umiliazioni.


Opera seconda di Lynch, fotografata in un raffinatissimo bianco e nero (da Freddie Francis), il film ribalta completamente le regole del genere: l’incontro con il “mostro” non scatena il nostro terrore ma il suo, perché racconta la paura che ha Merrick di far paura. Il film diventa così una delle più commoventi riflessioni sullo sguardo e sulle responsabilità dell’istinto voyeuristico, perché la vita di Merrick è narrata come un continuo confronto con gli sguardi degli altri: quelli “scientifici” dei  medici divisi tra filantropia e vampirismo, quelli “commiserevoli” della buona società londinese, quelli “crudeli” del popolo che continua a vedere in lui un fenomeno da baraccone. In questo modo l’uomo-elefante non  rappresenta (come in Freaks di Browning) la parte nascosta e inquietante dell’uomo, ma lo specchio che ne rimanda l’immagine, il completamento di ognuno. Prodotto da Mel Brooks (…), il film non ha niente a che vedere con l’omonima e parallela commedia teatrale di Bernard Pomerance, da cui fu tratto un telefilm verboso e fastidioso ( The Elephant Man di Jack Hofsiss, 1980). Il trucco complicatissimo, ideato da Christopher Tucker, necessitava di sette ore per essere applicato al viso di John Hurt. Candidato a ben 8 Oscar non ne vinse, scandalosamente, nemmeno uno. (Mereghetti)