David Lynch

Circolo del cinema di Bellinzona

casella postale 1202

CH6500 Bellinzona

BELLINZONA _ LUGANO _ LOCARNO

settembre 2011 _ MAGGIO 2012

 

LOST HIGHWAY

Strade perdute, Usa/F 1996


Sceneggiatura: David Lynch, Barry Gifford; fotografia: Peter Deming; montaggio: Mary Sweeney; scenografia: Patricia Norris; suono: David Lynch; musica: Angelo Badalamenti; interpreti: Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty, Robert Blake, Natasha Gregson Wagner, Richard Pryor, Lucie Butler, Michael Massee, Jack Nance, Henry Rollins, Giovanni Ribisi, Gary Busey, Robert Loggia, Lisa Boyle Marilyn Manson…; produzione: Deepak Nayar, Tom Sternberg, Mary Sweeney per Lost Highway Productions Inc./Ciby 2000/Asymmetrical.

35mm, colore, v.o. inglese st. f/t, 134’


Il sassofonista Fred Madison (Pullman), perseguitato da un misterioso individuo (Blake), è accusato dell’omicidio della propria moglie Renée (Arquette). In carcere si trasforma in un’altra persona, il meccanico Pete Dayton (Getty): liberato, inizia una relazione con Alice (Arquette), la ragazza del pericoloso boss mr. Eddy (Loggia).


Con un occhio a La donna che visse due volte, Lynch – coadiuvato dal co-sceneggiatore Barry Gifford – smonta i meccanismi del noir, costruendo un racconto che nega ogni interpretazione razionale; e punta (specie nella prima parte, davvero paurosa) su un’atmosfera onirica e inquietante, piena di paradossi spazio-temporali. È l’inizio di un nuovo modo di girare, di cui si vedranno i frutti in Mulholland Drive e in INLAND EMPIRE: anche se in questo caso la scappatoia del nonsense a tratti non convince, e nella seconda parte non mancano cadute di tono (i passaggi pulp e le scene erotiche patinate). L’idea delle videocassette minacciose recapitate a Fred anticipa Niente da nascondere di Haneke. Colonna sonora con pezzi originali di Angelo Badalamenti, Trent Reznor e Barry Adamson. La Gregson Wagner (Sheila) è figlia di Natalie Wood e Robert Wagner. Il cantante Marilyn Manson (che interpreta I Put a Spell on You) è una delle pornoattrici. (Mereghetti)

Questo thriller allucinato come un incubo parla dell’incapacità di un uomo di mantenere il controllo sulla propria vita. Lo fa attraverso una struttura narrativa paragonabile a quella di una fuga (musicale) oppure all’anello di Moebius che si avvolge su se stesso senza che sia possibile distinguere la parte esterna da quella interna, una struttura in cui è scardinato addirittura il fondamento di ogni narrazione, l’identità del protagonista. Si può anche non salire sul film, cioè respingerlo, ma è difficile sottrarsi al suo fascino inquietante, negare la fosca bellezza delle sue immagini, dimenticare la presenza minacciosa dell’uomo misterioso. (Morandini)