Pedro Almadóvar CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA
aprile - giugno 2009
PEDRO ALMODÓVAR

Pedro Almodóvar Caballero è nato a Calzada de Calatrava, Ciudad Real, nel 1949. Figlio di un mulattiere (poi enologo) della Mancha, quando ha 8 anni la famiglia si trasferisce a Cáceres, dove Pedro compie gli studi superiori. Nel 1969 va a Madrid con il fratello Agustín, e alcuni anni dopo i due fondano la casa di produzione El Deseo S.A. Trova impiego nella compagnia dei telefoni, e contemporaneamente intraprende una serie di attività nel settore artistico e dello spettacolo: fa parte del gruppo teatrale Los Goliardos, scrive fotoromanzi, compone e interpreta musica con Fabio MacNamara e scrive per la rivista “La Luna” di Madrid, centro nevralgico di quel movimento conosciuto come la movida madrilena, creando il personaggio di Patty Diphusa. Incomincia a girare cortometraggi in Super8 di tipo eccentrico e anticonvenzionale, ispirandosi alla cultura pop, a motivi legati alla cultura gay e al kitsch in tutte le sue manifestazioni. (…)
Nel suo primo lungometraggio del 1979 - Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio - Almodóvar definisce con chiarezza questo universo della movida madrilena che è un risveglio del postmoderno in Spagna: l'universo pop, l'estetica del comico, il kitsch dei fotoromanzi, le riviste di moda e la posta del cuore, uniti a un clima eccentrico, sempre deliberatamente volgare ed escatologico e sempre irriverente. Le riprese, in 16mm, durano più d'un anno e in collaborazione con il gruppo di amici che fa parte della movida. Gonfiato a 35mm, entra nel circuito commerciale e circola in modo soddisfacente aprendo le porte all'autore. Nelle pellicole successive abbandona la formula del puzzle o del collage e ottiene una migliore architettura della sceneggiatura, un'ambientazione formalmente meno eccentrica e caotica, anche se le tematiche ricorrono costantemente alla iconoclastia, come dimostra Labirinto di passioni (1982) e, soprattutto, la commedia L'indiscreto fascino del peccato (1983) - che si svolge in un convento di monache - dove Almodóvar sviluppa uno dei punti chiave della sua opera successiva: dirigere un piccolo gruppo di donne che vivono in modo altalenante, con disinvoltura e passione, la propria quotidianità colma di irriverenze, dal momento che la vita conventuale si trova unita a droghe, allegre festicciole, canzoni e tutto quanto è divertimento. Che ho fatto io per meritare questo? (1984), primo successo di pubblico, rappresenta un cambiamento sostanziale nel suo percorso in quanto - pur restando fedele alla vocazione per il pastiche e la mescolanza di citazioni indiscriminate derivanti da tutta la cultura di massa, così come per i personaggi non convenzionali - il film colloca la finzione in un clima di maggior realismo, cioè nell'ambito del sottoproletariato urbano d'una strada periferica di Madrid, dove la prostituzione, l'emigrazione spagnola in Germania e i problemi di integrazione della popolazione rurale nella vita cittadina sono trattati nel contesto d'una commedia tragica. Allontanandosi temporaneamente dal genere comico, Matador (1986), scritto in collaborazione con il romanziere Jesús Ferrero, compie un'incursione nel mondo delle corride per ricreare una sessualità perversa e necrofila, che riappare in Parla con lei (2001). Dal canto suo, La legge del desiderio (1987) si integra completamente al cinema con tematiche omosessuali, anche quando il mutamento di registro avviene in una direzione tragicomica.
(Su questo film, come sui successivi, si vedano le schede qui di seguito: la rassegna comprende tutti i film realizzati da Almodóvar da La legge del desiderio a Volver, con le eccezioni di Tacchi a spillo, 1991, Kika, 1993, e Tutto su mia madre, Oscar per il miglior film straniero nel 1999, di cui non ci è stato possibile rintracciare gli aventi diritto. Dopo Volver, Almodóvar ha realizzato Los abrazos rotos, 2008, che dovrebbe uscire nelle sale ticinesi in maggio, in contemporanea con la nostra retrospettiva).
(…) Oggi Almodóvar è forse il regista spagnolo più conosciuto al mondo, dopo Buñuel, e la sua produzione, regolare anche se di certo non troppo affrettata, dimostra che ogni film costituisce un'indagine ulteriore nella sua visione del mondo. Sebbene alcuni tra i suoi film siano criticati dal punto di vista estetico, non c'è il minimo dubbio che Almodóvar rappresenti emblematicamente il percorso d'un cinema che non affonda le sue radici nella letteratura quanto piuttosto nelle arti plastiche, nella scena o anche nella cultura di massa; un cinema che nasce con il sopraggiungere del postmoderno in Spagna, raccoglie l'eredità di Warhol e del pop e si trasforma in una indagine che attraversa generi tanto diversi come la commedia e il melodramma, portandoli entrambi agli estremi. Almodóvar è così riuscito a trasformarsi nella star dei suoi stessi film.

dal Dizionario dei registi del cinema mondiale, a cura di Gian Piero Brunetta, Torino, Einaudi, 2008