CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA
CASELLA POSTALE 1202
CCP 65-2764-4
CH 6500 BELLINZONA

L’HISTOIRE C’EST MOI – LA STORIA SIAMO NOI

Nell’ambito dell’esposizione che sarà allestita all’Archivio cantonale di Bellinzona, i cineclub ticinesi presentano una serie di cortometraggi svizzeri (di 15 minuti ciascuno) che rievocano alcuni aspetti della seconda guerra mondiale attraverso le testimonianze di chi l’ha vissuta nel nostro paese.

Alle serate interverrano in ogni località uno storico e uno dei registi.

Alla serata del 13 ottobre, a Bellinzona, interverranno:
Adriano Bazzocco (storico) e
Frédéric Gonseth (regista)

 

Lunedi 3 ottobre  2005, 20.30, Locarno  Sala dei  Congressi Muralto

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LA VITA QUOTIDIANA

 

Con gli occhi dei bambini di Samuel Chalard                      

Lo sguardo dei bambini sulla vita in Svizzera durante la seconda guerra mondiale offre nuovi punti di vista. Alcuni bambini erano rifugiati e avevano vissuto la guerra nei loro paesi d’origine, la fuga, il passaggio della frontiera e i campi di internamento. Altri giocavano ad impersonare il general Guisan che sconfiggeva Hitler. Altri ancora lavoravano nei campi per sostituire gli uomini mobilitati. Tutti, attraverso il loro sguardo di bambini, gettano una luce diversa e spesso paradossale su avvenimenti che pensavamo di conoscere.

 

Nelle retrovie di Fernand Melgar, Grégoire Mayor  

Cosa succede nelle retrovie, mentre i soldati sorvegliano le frontiere? Chi si occupa del bestiame nelle fattorie abbandonate dagli uomini? Chi si preoccupa del sostentamento e dell’educazione dei bambini? Chi lava le calze e le mutande dei difensori della patria? Come vissero quei sei anni le donne, e come li ricordano oggi? Confrontando le testimonianze delle donne alle immagini edulcorate dei cinegiornali dell’epoca, questo film rende omaggio alle grandi escluse delle commemorazioni ufficiali.

 

A tavola! di Fernand Melgar, Grégoire Mayor

Questa è la storia di un piccolo paese ben organizzato nel cuore di un’Europa in guerra. Mentre le catastrofi si susseguono attorno a loro, gli uomini e le donne di quest’isola nel cuore della tempesta sembrano non mancare di nulla. Le autorità hanno previsto tutto affinché essi siano nutriti a sufficienza, i loro soldati ricevano il cioccolato a Natale e le retrovie non restino a corto di patate. È la storia degli abitanti di questo paese e del loro rapporto con il cibo, dei loro espedienti per ottenere dei supplementi e per migliorare la loro vita quotidiana. È la storia della generazione che conobbe l’ultima guerra ed è infine la storia di una questione di coscienza: «La barca era davvero piena»?

 

L’amore in tempo di guerra di Theo Stich

Il servizio attivo non facilitava per nulla le relazioni tra uomini e donne. Gli uomini erano assenti per mesi e i congedi erano rari. Il vuoto lasciato dalla loro assenza nei villaggi e nelle famiglie era in parte colmato dai soldati di stanza nella regione o dagli internati militari. L’amore e la sessualità venivano vissuti in condizioni difficili. Ma la privazione e la passione spinsero la gente a dare libero sfogo alla propria inventiva.

 

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Martedi 4 ottobre  2005, 20.30,  Chiasso    Cinema Teatro

 

ALT! FRONTIERA!

 

Alt! Frontiera di Frédéric Gonseth, Thomas Gull, Marc-Antoine Schüpfer

«L’ultima speranza», un film svizzero girato nel 1945, diffuse in tutto il mondo l’immagine di una Svizzera che accoglieva rifugiati militari e civili, ebrei compresi. Nonostante il carattere documentaristico dell’opera rivendicato all’epoca, il film si allontana per diversi aspetti dalla verità storica. Messi a confronto con diverse scene chiave del film, alcuni testimoni romandi, ticinesi e grigionesi raccontano di passaggi di frontiera attraverso le loro montagne ben più realistici e meno lusinghieri per l’immagine della Svizzera.

 

«J» di Fernand Melgar    

Nel 1970 Edgar Bonjour, decano degli storici svizzeri, riteneva che a fallire era stata una generazione intera, una generazione che aveva una parte di responsabilità nei confronti della politica d’asilo. L’egoismo che albergava nei cuori dei cittadini e un antisemitismo latente fecero sì che si chiudessero gli occhi di fronte all’inumanità di alcuni aspetti della politica d’asilo ufficiale. Partendo da questo giudizio categorico, il film «J» si propone, dopo la pubblicazione del rapporto Bergier e l’affare dei fondi in giacenza, di tornare sulla questione dell’atteggiamento della Svizzera nei confronti degli ebrei durante la guerra attraverso i racconti di alcuni testimoni e le immagini d’archivio dell’epoca.

 

I Russi! di Frédéric Gonseth      

La maggior parte delle fabbriche d’armi, in cui migliaia di deportati sovietici si sfiancavano di lavoro e morivano di fame in riva al Reno, appartenevano a degli svizzeri (i russi, tuttavia, non lo sapevano). Quei disperati guardavano alla Svizzera come alla loro unica speranza. Dirimpetto, i doganieri e i soldati svizzeri li osservavano con i binocoli. Quando i primi russi riuscirono a fuggire in Svizzera, dove vennero internati, le ragazze svizzere li guardarono intimorite o incuriosite, senza neppure sospettare tutte le sofferenze che quegli uomini avevano sopportato in Germania, né quelle che li aspettavano nell’URSS di Stalin.

 

I Francesi! di Yves Yersin                      

Nel giugno del 1940 la disfatta francese provocò l’afflusso massiccio di soldati stranieri che ripiegarono in Svizzera per sfuggire all’avanzata delle truppe tedesche. Il 45° corpo d’armata francese, composto da 29 000 uomini tra cui 2400 spahi (soldati di cavalleria maghrebini), 12 500 polacchi nonché belgi e inglesi, si presentò alla frontiera con 5800 cavalli e 2000 veicoli. Quei soldati vennero disarmati e internati in numerosi campi sparsi in tutto il paese. Questo importante episodio della seconda guerra mondiale in Svizzera ricorda l’internamento dei Bourbaki nel 1871, rimasto inciso nella memoria collettiva della nazione.

 

 

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Martedi 11 ottobre 2005, 20.30,  Lugano    Cinema Iride

 

LA SVIZZERA E IL NAZI-FASCISMO

 

Il Fascismo in Svizzera di Edwin Beeler

I frontisti svizzeri volevano applicare alla lettera gli obbiettivi e le idee del nazionalsocialismo, abolire la democrazia e introdurre uno stato corporativo autoritario, anticomunista e antisemita. Durante gli anni Trenta, che si aprirono all'insegna della crisi economica mondiale, del conflitto tra sinistra e destra e dell’assenza di prospettive, il movimento dei fronti trovò orecchi attenti in tutti gli strati della popolazione svizzera e, in particolare, tra i ragazzi e gli studenti. Nel 1937 a Berna due dei loro dirigenti, Rolf Henne e Georges Oltremare, organizzarono un finto colpo di stato.

 

 

 

«Non ne sapevamo nulla!» di Thomas Schärer       

In Svizzera essere informati durante la guerra era il privilegio di coloro che avevano i mezzi e il tempo. Era possibile, ma a costo di sforzi molto più grandi rispetto ad oggi. Il numero di persone che ascoltavano la radio, leggevano i giornali e guardavano il «Cinegiornale» era relativamente ristretto. Le notizie erano spesso vaghe, troppo ufficiali e censurate. L’informazione, tuttavia, ha un ruolo di primo piano nella formazione di un’opinione pubblica in una società democratica.

 

Allarme! Bombe sulla Svizzera di Thomas Schärer                      

La Svizzera, un’isola felice circondata da paesi in guerra? L’oscuramento e il rombo dei bombardieri che sorvolavano il paese resero consapevoli gli svizzeri della guerra. Ci furono numerosi atterraggi d’emergenza, combattimenti aerei e distruzioni. Il film ricostruisce i bombardamenti di Sciaffusa e di Zurigo e s’interroga sulle loro cause. Ufficialmente quelle bombe caddero per errore. Una versione che non convince tutti i testimoni.

 

Soccorso all’infanzia? di David Fonjallaz, Yves Yersin     

L’azione «Soccorso all’infanzia» lanciata dalla Croce Rossa svizzera nel 1940 prevedeva sia l’accoglienza di bambini francesi presso alcune famiglie svizzere sia l’allestimento, in Francia, di colonie per bambini francesi. Quali furono i retroscena di quell’azione? I racconti dei protagonisti, accompagnati da numerose immagini d’archivio, consentono di ricostruire il mercanteggiamento di cui fu oggetto l’ospitalità offerta ai bambini francesi e le accuse infamanti che la Croce Rossa svizzera mosse a coloro che salvarono un gruppo di bambini ebrei francesi condotti clandestinamente in Svizzera.

 

Guardando all’Italia di Mussolini di Tiziana Mona-Magni  

Dalla Svizzera si guardava all’Italia degli inizi del fascismo persino con una certa simpatia: Mussolini vi aveva riportato l’ordine, si diceva. Poi l’avventura in Abissinia, i trionfalismi verbali del Duce e l’impegno bellico a fianco di Hitler modificarono radicalmente questa opinione. Si fece strada il timore di un’aggressione da sud fino all’epilogo crudele e liberatorio di Piazzale Loreto.

 

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Giovedì 13 ottobre 2005, 20.30, Bellinzona  Cinema Forum

 

ALLE ARMI!

 

All’armi! di Frédéric Gonseth     

Nel 1940, nel momento in cui la guerra lampo sembrava minacciare anche la Svizzera, con quali cannoni, quali carri armati, quali aerei gli svizzeri si preparavano a contenere i panzer e gli stuka della Wehrmacht? L’esercito svizzero sarebbe riuscito a resistere abbastanza a lungo alla frontiera e sull’altopiano tanto da permettere a delle forze sufficienti di ripiegare nel ridotto alpino? Ogni testimone descrive gli eventi dal proprio punto di vista, fornendo forse per la prima volta una visione generale della capacità difensiva della Svizzera nel 1940. E, a posteriori, un brivido scende lungo la schiena...

 

Dall’uomo al soldato di Edwin Beeler

Nel 1940 la formazione militare svizzera si riassumeva essenzialmente nel passo cadenzato, nel saluto e nelle parate. L’aspetto umano veniva completamente trascurato e gli ufficiali e la truppa formavano due caste distinte. Questa rigida chiusura non favorì la nascita di uno spirito cameratesco. Soltanto qualche coraggioso ufficiale osò aggirare quel rigido addestramento «alla prussiana» e, nonostante la durezza delle esigenze militari, comandò la truppa con rispetto e dignità.

 

La mobilitazione di Jeanne Berthoud  

Settembre 1939. La mobilitazione generale dell’esercito sconvolse la vita di tutti quegli uomini che dovettero lasciare improvvisamente le loro famiglie. Da un giorno all’altro vennero chiamati alle armi per una guerra che si annunciava impietosa. Come vissero quella svolta? Quali erano le loro paure, le loro speranze, i loro dubbi… o le loro gioie al momento della chiamata alla armi?

 

Donne in servizio di Theo Stich            

Nel 1940, con la creazione del Servizio complementare femminile (SCF), le donne entrarono per la prima volta nel mondo maschile dell’esercito. Alcune donne della prima ora raccontano di quella emancipazione, rievocando la fierezza con cui affrontarono il loro impegno, la loro sorpresa di fronte al comportamento degli uomini dell’epoca e ai valori che l’esercito dettava loro. Queste donne, il cui desiderio era di offrire al paese un servizio patriottico, impararono a farsi rispettare con fascino e tenacia in quel baluardo maschile.

 

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