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1993, in piena guerra nella ex-Jugoslavia: un soldato bosniaco, Ciki, e uno serbo, Nino, si ritrovano fortuitamente nella stessa trincea abbandonata, terra di nessuno in mezzo agli schieramenti contrapposti. Ciki vi ritrova anche Cera, suo commilitone che sembrava morto, utilizzato dai serbi come esca mortale, poiché gli è stata piazzata sotto la schiena una mina, pronta ad esplodere se qualcuno lo rimuove. Ciki e Nino appaiono inizialmente disposti a collaborare, ma con il passare delle ore la tensione cresce e le scaramucce tra i due diventano sempre meno gestibili. La situazione si complica con lintervento di una pattuglia francese delle forze dellOnu (
), di una giornalista inglese, seguita poi da altre troupe televisive, che utilizzano il caso come scoop
Tanovic non appare minimamente interessato a ripercorrere la storia del conflitto, né a interrogarsi sui motivi della dissoluzione di una nazione, quanto piuttosto a lavorare sulla messe in scena del conflitto, che a partire dalla contingenza bosniaca sembra mirare ad una riflessione più ampia sullassurdità bellica (
) Ma il maggiore pregio del film sta nel continuo slittamento di registro, dal tragico al grottesco, dal realistico al surreale, con la duplice conseguenza di spiazzare regolarmente lo spettatore e di postulare limpossibilità di una visione uniforme e omogenea sulla complessità del conflitto bosniaco e, ci sembra, su tutte quelle dispute in cui, oltre ogni ideologia, la ragione viene automaticamente avocata a chi ha il fucile in mano.
(Marangi)
Premio per la sceneggiatura al Festival di Cannes 2001 e Oscar per il miglior film straniero 2001.
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