SEGRETI E BUGIE: il cinema di Mike Leigh

Circolo del cinema di Bellinzona

casella postale 1202

CH6500 Bellinzona

in collaborazione con il Festival di Locarno
e la Cinémathèque suisse   >>gennaio-APRILE 2012<<

 
  1. BLEAK MOMENTS

  2. HIGH HOPES

  3. LIFE IS SWEET

  4. NAKED

  5. SECRETS AND LIES

  6. CAREER GIRLS

  7. TOPSY-TURVY

  8. ALL OR NOTHING

  9. VERA DRAKE

  10. HAPPY-GO-LUCKY

  11. ANOTHER YEAR



Schede sui film tratte da:

  1. Mike Leigh, a cura di Amy Raphael, Milano, Isbn Edizioni, 2010 (scheda tecnica e dichiarazioni di Mike Leigh);

  2. Il Mereghetti. Dizionario dei film 2011, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2010 (sinossi e giudizio critico);

  3. Un Festival libero. Una storia del cinema attraverso i film del Festival di Locarno, Milano, Il Castoro, 2004 (sinossi e giudizio critico per Bleak Moments);

  4. “Cineforum”, 501, gennaio/febbraio 2011 (scheda tecnica e giudizio critico per Another Year);

  5. www.filmdoc.it e www.nonsolocinema.com (sinossi e dichiarazione di Mike Leigh per Another Year).

TOPSY-TURVY
Topsy-Turvy - Sotto sopra, Gb 1999


Sceneggiatura e regia: Mike Leigh; fotografia: Dick Pope; montaggio: Robin Sales; musica: Carl Davis, dai lavori di Arthur Sullivan; suono: Tim Fraser; scenografia: Ewe Stewart; interpreti: Allan Corduner, Jim Broadbent, Lesley Manville, Ron Cook, Eleanor David, Dorothy Atkinson, Dexter Fletcher, Sukie Smith, Wendy Nottingham, Timothy Spall, Martin Savage, Kevin McKidd, Shirley Henderson…; produzione: Thin Man Films/Newmarket Capital Group/October Films.

35mm, colore, v.o. inglese st. f/t, 152’

Coppa Volpi per il miglior attore a Jim Broadbent, Venezia 1999


1884: un anno nella vita del librettista William Schwenk Gilbert (Broadbent) e del musicista Arthur Sullivan (Corduner), maestri dell’operetta fin de siècle, capaci di passare dal mezzo fiasco di La principessa Ida e dal rischio di una separazione artistica allo straordinario successo di Il Mikado.


A prima vista, la ricostruzione puntigliosa del mondo del teatro, con i suoi coloriti dietro le quinte; in realtà uno sguardo acutissimo sul lavoro dell’attore, sui rapporti di forza (e l’importanza del denaro) nella società inglese, sul ruolo della donna (la moglie di Gilbert [Manville], l’amante di Sullivan [Henderson]) nonché sull’impero britannico, il suo orgoglio ideologico ma anche la sua “debolezza” (o meglio permeabilità) culturale. Insomma, un ritratto dell’età vittoriana e di tutte le sue contraddizioni come il cinema non sembrava più capace di darci: ambizioso negli obiettivi, lontano da ogni ostentazione, capace di parlare all’intelligenza dello spettatore e non solo al suo narcisismo. E in cui la ricchezza scenografica e dei costumi sono un “più-di-senso” necessario e non una ridondante ostentazione di potenza produttiva.


Gilbert e Sullivan mi consentivano di avventurarmi nel superficiale genere del film biografico e del sontuoso dramma in costume, senza il rischio di perdere il vero nucleo dei miei lavori, cioè il personaggio. In secondo luogo, non avrei mai preso in considerazione l’idea di realizzare il film se avesse dovuto trattare solo di Gilbert e Sullivan. Poteva aver senso solo se andava a toccare qualche argomento che io ritengo importante, ben al di là di loro e degli spettacoli. Era arrivato il momento di girare la macchina da presa su di noi e osservare quello che facciamo (…) Ovviamente avrei potuto fare un film sui registi, ma per qualche ragione l’idea non mi attira. Terzo, dopo aver letto molto a proposito di quella realtà, decidere di dedicarle un film era il modo migliore per entrare nella macchina del tempo e guardare com’era. (Mike Leigh)