L’ultimo ANGHELOPOULOS    Θεόδωρος Αγγελόπουλος

Circolo del cinema di Bellinzona

casella postale 1202

CH6500 Bellinzona

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   >>maggio-giugno 2012<<

 
  1. O MELISSOKOMOS
    L’apicoltore/Il volo, 1986

  2. TOPIO STIN OMICHLI
    Paesaggio nella nebbia, 1988

  3. LE PAS SUSPENDU DE LA CIGOGNE
    Il passo sospeso della cicogna, 1991

  4. TO VLEMMA TOU ODYSSEA
    Lo sguardo di Ulisse, 1995

  5. MIA EOMIOTITA KE MIA MERA / L’ÉTERNITÉ ET UN JOUR
    L’eternità e un giorno, 1998

  6. TRILOGIA II: I SKONI TOU HRONOU
    La polvere del tempo, 2009

TO VLEMMA TOU ODYSSEA

LO SGUARDO DI ULISSE, Grecia/Italia/Francia/Germania 1995


  1. Sceneggiatura: Theo Anghelopoulos, Tonino Guerra, Petros Markaris; fotografia: Yorgos Arvanitis; montaggio: Yannis Tsitsopoulos; suono: Thanassis Arvanitis; musica: Eleni Karaindrou; scenografia: Yorgos Patsas, Mile Nicolic; interpreti: Harvey Keitel, Maia Morgenstern, Erland Josephson, Thanassis Vengos, Yorgos Michalopoulos, Dora Volonaki…; produzione: Centro del cinema greco/Basic Cinematografica/Istituto Luce/RAI/Paradis Films (Parigi)/La Sept Art/Canal +/ Mega Channel.

  2. 35mm, colore, v.o. greca st. f/t, 176’

  3. Gran Premio della Giuria Cannes 1995.


Un cineasta greco, esiliato negli Stati Uniti (Keitel), torna nella sua città natale, Ptolemais, per la prima di un suo film ma soprattutto per ritrovare i negativi del primo film greco, girato all’inizio del secolo dai fratelli Manakias. Inizia così una ricerca che lo porta in giro per i Balcani, dall’Albania alla Macedonia, dalla Bulgaria alla Romania, poi lungo il Danubio fino a Belgrado e infine a Sarajevo, dove il conservatore della cineteca (Josephson) è finalmente riuscito a sviluppare quelle bobine e il regista può vederle.


Lo sguardo di Ulisse (premiato a Cannes, nell’evidente disappunto dell’autore, con il solo Gran Premio della Giuria) viene dopo Il passo sospeso della cicogna. Là una storia di confini invalicabili (…). Qui tutti i possibili ma altrettanto inutili confini che occorre superare durante il periplo; la querelle o il sospetto circa la nazionalità dei due vecchi fratelli cineasti; l’insulsa ronde dei mutamenti politici e ideologici (compresa l’assurda mercificazione dei loro simboli); il grande fiume che, nonostante tutto, unisce i popoli o almeno mostra, sfilando lungo le rive, i diversi individui che li compongono simili gli uni agli altri, tante formichine come tanti veri uomini; i disastri della guerra rievocati da vecchie e nuove ferite dell’ambiente o da distruzioni e lutti vissuti in prima persona; l’utopia del cinema come messaggio universale e come memoria perenne (ma le immagini che al termine scorrono sullo schermo della cineteca appaiono degradate e comunque illeggibili); la tensione che nasce dalla ricerca (…)

Il discorso è aperto, ma avvento il parere che siamo nuovamente di fronte al miglior Anghelopoulos, o all’Anghelopoulos di sempre.

(Lorenzo Pellizzari, in “Cineforum”,  350, dicembre 1995)