THE LUBITSCH TOUCH
CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA
9 GENNAIO - 10 FEBBRAIO 2009
in collaborazione con:
LAB 80 Bergamo, CAC-Voltaire Ginevra, Spiegel Film Zurigo
NINOTCHKA

Sceneggiatura: Charles Brackett, Billy Wilder, Walter Reisch, da un racconto di Melchior Lengyel; fotografia: William Daniels; montaggio: Gene Ruggiero; musica: Werner Heymann; interpreti: Greta Garbo, Melvyn Douglas, Ina Claire, Bela Lugosi, Sig Rumann, Felix Bressart, Alexander Granach, Gregory Gaye, Rolfe Sedan, Edwin Maxwell, Richard Carle, Gorge Tobias, Paul Ellis, Peggy Moran, Dorothy Adams; produzione: Metro Goldwyn Mayer.
35mm, bianco e nero, v.o. st. f/t, 110'

Parigi. Tre inviati del governo sovietico - Ivanov, Buljanov e Kopalski - tentano di svendere i gioielli che sono stati confiscati alla granduchessa Swana durante la rivoluzione. L'aria della città dà alla testa ai sovietici. La granduchessa e il suo amante Léon ne vorrebbero approfittare per recuperare i gioielli. Nell'hotel dove tutti ora abitano la vita è sempre più dolce, e il colpo è quasi fatto, alle spalle dei gonzi, quando a Parigi piomba la severa e austera compagna Yakusciova, venuta per un'ispezione. Léon si precipita, le fa una corte stringente, e a poco a poco l'austera Yakusciova si trasforma nella scatenata Ninotchka. Swana, piccata e gelosa, riesce a rubare i gioielli che i gonzi avrebbero già dovuto vendere e ricatta tutta la compagnia: li restituirà solo al momento della partenza di Ninotchka. Il ricatto funziona, anche se la bella sovietica convertita alle dolcezze del capitalismo soffre assai, perché si è innamorata di Léon. La separazione è per entrambi dolorosa. E ora a Léon non rimane che tentare di ottenere un visto per l'URSS. Non glielo concedono. Intanto i tre sono inviati a Istanbul per un'altra missione delicata. E nuovamente s'invischiano in pasticci, ritardi e distrazioni capitalistiche. Léon li ha seguiti e cerca di convincerli ad aprire un ristorante russo. È di nuovo il turno di Ninotchka, terrorizzata per la presenza corruttrice di Léon. Per impedire che porti a termine la sua opera, è disposta a tutto: anche a restare con lui, per sempre, al fine di salvare i tre compagni dalla corruzione e dal tradimento.

Ernst Lubitsch, Walter Reisch e Billy Wilder lavorano insieme, come se gli esuli dell'Europa nazista si fossero associati per ottenere un risultato di alta qualità nel genere della commedia. Lubitsch vi aggiunge - in sede di regia e di (stimolante) direzione degli attori - la sua specifica esperienza di cinico umorista. Nulla di realistico, anche se la satira del goffo bolscevico coglie nel segno: tra salotti e gioielli, Parigi è uguale a Istanbul, e tutte e due somigliano in maniera inequivocabile a Vienna. È uno dei pochissimi ruoli brillanti di Greta Garbo. (Si coniò per lei, tanto la cosa colpì, un titolo spiritoso sulle riviste cinematografiche: “Garbo laughs”, la Garbo ride, finalmente, ed era impagabile: rise quando Léon, infuriato, cadde dalla sedia, dopo avere invano tentato di farlo sorridere). La affiancano Melvyn Douglas, prediletto dal regista, e Bela Lugosi, molto meno vampiresco del solito, nella parte di un commissario. Il film ha una perfetta struttura binaria che accresce l'efficacia del “confronto” comico fra due mondi e due mentalità: “non tanto - osserva Guido Fink - bastao sulle opposizioni (capitalismo e comunismo, vecchia e nuova Russia, uomo e donna, amore e dovere) quanto sulla “ripresa” e sul riecheggiamento: tutto, a ben vedere, ricorre due volte nel film, la prima volta viene generalmente respinto o criticato, la seconda accettato con gratitudine…”.