INGMAR BERGMAN
parte seconda: Gli anni sessanta
CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA
settembre 06 - maggio 07

LUCI D’INVERNO
Nattvardsgästerna, Svezia 1963

 

  • Sceneggiatura: Ingmar Bergman; fotografia: Sven Nykvist; montaggio: Ulla Ryghe; musica: estratti da salmi svedesi; interpreti: Gunnar Björnstrand, Ingrid Thulin, Max von Sydow, Tunnel Lindblom, Allan Edwall, Olof Thunberg, Elsa Ebbesen-Thornblad, Kolbjörn Knudsen, Tor Borong, Berta Sännell, Eddie Axberg; produzione: Allan Ekelund per Svensk Filmindustri.
  • 35mm, bianco e nero, v.o. st. f/t, 80’

 

Dopo la morte della moglie, il pastore protestante Tomas Ericsson (Björnstrand) non solo perde la fede, ma non sa più dare conforto a chi gli chiede aiuto: dopo aver rifiutato l’amore di Märta (Thulin), si trova sulla coscienza anche il suicidio del pescatore Jonas (von Sydow).

Insieme a Come in uno specchio (1961) e Il silenzio (1963) forma la trilogia sul “silenzio di Dio” e sulla difficoltà di comunicare tra gli uomini (la traduzione letterale del titolo originale, infatti, è I comunicandi). Fondato su un paradosso teorico tipicamente bergmaniano (cerca la fede chi dovrebbe averla già trovata e si accorge, in fondo, di non averla mai avuta: “solo mia moglie riempiva il mio vuoto. Sono un povero rottame”, dice il pastore), a cui ne fa eco un altro, di natura stilistica (un film sull’incomunicabilità costruito su dialoghi continui), il film - ispirato dalla visione del Diario di un curato di campagna di Bresson - è una delle opere più livide, spoglie e meditabonde di Bergman (fotografato da Sven Nykvist solo con le nuvole o la nebbia, è una svolta anche rispetto a Come in uno specchio, definito dal regista “romantico e civettuolo” al confronto). Croce e delizia dei cineforum anni Sessanta, questa “storia ingegnosa non per la sua complicazione ma per la sua semplicità” (Ranieri) conserva a tutt’oggi inalterati la sua forza e il suo fascino grazie anche al finale aperto che ha scatenato le interpretazioni più diverse (Tomas ha conquistato la fede o no? Cosa significa la messa nella chiesa vuota, alla sola presenza di Märta e del sagrestano? Cosa rappresentano questi ultimi?).

Tutto aveva molto a che vedere con mio padre (un pastore protestante, ndr.). Ho cercato di capire le difficoltà che aveva avuto nel corso della sua vita. Per me era giunto il momento di sbarazzarmi di tutta quella confusione religiosa e di essere onesto con me stesso (…) Ho lavorato molto su Luci d’inverno. Il film ha avuto svariate forme e ha subito diverse trasformazioni. È stato un combattimento, quando si è una vecchia puttana, è difficile togliersi tutto il trucco di dosso. Ma era necessario, e dovevo farlo. (1)