La camera segreta
di Claire Denis
CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA
MARZO 06 - APRILE 06
J'AI PAS SOMMEIL
Francia / Svizzera - 1994

Regia: Claire Denis; Sceneggiatura Claire Denis, Jean-Pol Fargeau; Fotografia: Agnès Godard; Montaggio: Nelly Quettier; Musica: John Pattison, Jean-Louis Murat;
Scenografia: Arnaud de Moléron, Thierry Flammand; Interpreti: Béatrice Dalle, Katerina Golubeva, Richard Courcet, Line Renaud, Alex Descas, Sophie Simon, Irina Grjebina, Vincent Dupont; Produzione: Arena Films, M6 Films,France 3 Cinéma, Les Films du Mindif, Orsans Productions, Pyramide, Vega Films;)
35 mm, colore, v.o. 110 min.

Il film segue il tracciato urbano di tre personaggi: quello di Daiga, giovane, seducente quanto scontrosa, che giunge dalla Lituania per cercare un vago ingaggio come attrice nella capitale francese; quello di Camille, omosessuale di origine antillese, che si esibisce in locali notturni e vive con un amico nell'alberghetto nel quale confluiscono i vari personaggi; e quello di suo fratello Theo, fiero e determinato, che fa il falegname e sogna di ritornare alle Antille con la moglie francese e una bimba.
Teoricamente, J'ai pas sommeil prende spunto dal noto fatto di cronaca: quello di Thierry Paulin, arrestato nel 1997, per avere ucciso tutta una serie di anziane signore a Parigi.
Altrettanto teoricamente segue il tracciato urbano dei tre personaggi principali. Teoricamente. Perché l'interesse del film sta proprio nel fatto di “non” essere tutto ciò: di non essere cioè una cronaca, di non seguire un'inchiesta, di non costruirsi su una progressione drammatizzata, sulla ricerca della solita “soluzione” più o meno prevedibile.
J'ai pas sommeil rappresenta invece un'altra richiesta, o meglio un altro itinerario. Quello che consiste nel prendere atto di un ambiente, di una condizione sociale, di un confine psicologico, che è poi il solo ad accomunare dei personaggi altrimenti dissimili: l'esclusione. Siano essi insolenti, come Daiga, o rassegnati, come Camille, o ancora combattivi come Theo, i personaggi del film sono colti nella loro impotenza a entrare in una logica, in quella meccanica che identifichiamo frettolosamente con il concetto di normalità.
La figura stessa del “serial killer,”, una volta svelata in tutta la sua crudezza, partecipa alla rassegnata indifferenza dell'ambiente che lo circonda: cosicché è proprio questa indifferenza, questa tragica latitanza della coscienza di tutto un ambiente il soggetto del film.
Come se dal distacco dell'osservazione potesse nascere il calore di un'emozione intensamente catturata, lo sguardo di Claire Denis finisce allora per affermarsi come quello di un'autentica cineasta; che sa trarre dai minimi dettagli della realtà osservata, dai suoni come dalle musiche, dai colori, dagli odori di quella realtà, quei significati di solitudine, d'impotenza, di rivolta che s'imprimono indelebilmente nella memoria.
Liberamente tratto da Fabio Fumagalli