HOLLYWOOD
ANNI '30 - '40


QUANDO LA COMMEDIA ERA SOFISTICATA

13.01.05 / 11.03.05

HOLLYWOOD ANNI ’30 - ‘40

QUANDO LA COMMEDIA ERA SOFISTICATA

gennaio-febbraio 2005

The Awful Truth

L’orribile verità, 1937

di Leo McCarey

Soggetto e sceneggiatura: Viña Delmar, da una sceneggiatura di Arthur Richman del 1922; fotografia: Joseph Walker; montaggio: Al Clark; musica: Morris Stoloff; interpreti: Irene Dunne, Cary Grant, Ralph Bellamy, Alexander D’Arcy, Cecil Cunningham, Molly Lament, Esther Dale, Joyce Compton, Robert Allen...; produzione: Leo Mc Carey / Everett Riskin per Columbia.

35mm, bianco e nero, v.o. st. it., 90’

 

Lucy e Jerry, dopo alcuni anni di vita matrimoniale, credendo di essersi vicendevolmente traditi, decidono di divorziare. La sentenza emessa dal giudice proroga di altri 90 giorni il termine di esecutorietà, onde dare il tempo necessario per trovare una nuova sistemazione al loro cagnolino, Mr. Smith. Nel frattempo, Lucy cerca invano di tenere lontano dagli occhi di Jerry la bombetta di un gentiluomo che le ha fatto visita. Ma Mr. Smith, che ha un notevole fiuto per ritrovare gli oggetti nascosti, determina una serie di spassosi episodi comici che rappresentano una continua minaccia per la privacy di Lucy. Jerry riesce a sabotare il flirt tra Lucy e il ricco e stupido Daniel Leeson e prima dello scadere del termine legale, all’ultimo minuto dell’ultima ora, chiarito ogni equivoco, riconquista l’amore di sua moglie.

 

Commedia sofisticata nella migliore tradizione hollywoodiana, remake dei film di Paul Powell (1925) e Marshall Neilan (1929), The Awful Truth è considerato unanimemente come il miglior film dello «stile McCarey», per la sua tipica comicità elegante e intelligente, così lontana dal facile slapstick o dagli eccessi delle torte in faccia, pur trattandosi di un’opera nata per caso e per ripicca. Deluso, infatti, per l’insuccesso del film a lui più caro, May Way for Tomorrow (Cupo tramonto, 1937), Leo McCarey accetta l’offerta del grande produttore della Columbia, Harry Cohn, alla ricerca di qualcuno che potesse sostituire degnamente Frank Capra andato via, e si getta con  furore nel nuovo lavoro, che gira impiegando meno di 6 settimane e senza un copione già definito. Il regista esige e ottiene, non senza difficoltà con il produttore e gli attori, di riscrivere la scaletta con Viña Delmar e di seguire il suo metodo personale della improvvisazione costante, ereditato dal cinema muto: presentandosi ogni mattina con fogli volanti scritti in automobile con spezzoni di dialogo oppure suonando al pianoforte sul set alla ricerca di nuove idee (o canzoni come dice lui). Per il film si spendono solo due terzi del budget previsto, grazie anche all’uso del piano-sequenza che consente il pieno controllo della spontaneità e un notevole risparmio di tempo. Dopo una tiepida accoglienza del pubblico che fatica a riconoscere la comicità dell’opera, anche per la recitazione sofisticata e in falsetto dei protagonisti, Mc Carey rifà il lungo monologo del giudice al telefono, che elogia la vita coniugale mentre è molestato continuamente dalla moglie che tenta di impedirgli di parlare. Da allora la commedia ha un grande successo e assicura all’autore una lunga carriera (oltre che l’Oscar per la miglior regia dell’anno). Nel ’53 Ray Milland ha realizzato il remake Let’s Do it Again (Ancora e per sempre)

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