CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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LuchinoVisconti

 VAGHE STELLE DELL'ORSA, 1965

Regia: L.V.; soggetto e sceneggiatura: S. Cecchi D'amico, E. Medioli, L. V.; fotografia: A. Nannuzzi; costumi: B. Brichetto; musica: Preludio, corale e fuga di C. Franck; montaggio: M. Serandrei; produzione: Vides; durata: 100'; interpreti: C. Cardinale, J. Sorel, M. Craig, R. Ricci, M. Bell.

I coniugi Dawson, Andrew e Sandra (Craig e Cardinale), lasciano Ginevra per una breve soggiorno a Volterra, città natale di lei. Occasione del ritorno di Sandra è la donazione del giardino di famiglia al Comune, come parco pubblico intitolato alla memoria del padre, uno studioso ebreo morto in campo di concentramento. Sandra resta turbata di ritrovarsi nell'antico palazzo; dal rivedere la madre (Bell), ricoverata in una clinica per malattie mentali; e dall'arrivo del fratello Gianni (Sorel). L'incontro li riporta alle segrete complicità dell'infanzia, quando erano coalizzati contro la madre e il suo secondo marito, Gilardini (Ricci), sospettati di aver provocato la deportazione del padre. Gianni ha enfatizzato morbosamente il ricordo del loro legame in un manoscritto di memorie intitolato Vaghe stelle dell'Orsa. Andrew, sconcertato dai misteri che vede affiorare dal passato, riunisce la famiglia a pranzo per un chiarimento. Qui Gilardini reagisce all'ostilità di Sandra, accusando i fratelli di un rapporto incestuoso. Gianni non replica nulla, e Andrew lo aggredisce. Quindi parte, invitando la moglie a dimenticare il passato e a raggiungerlo. Gianni invece, distrutto il romanzo per compiacere la sorella, la scongiura di restare con lui, minacciando di suicidarsi. Ma Sandra si sottrae a lui con disprezzo, decisa ad accogliere l'invito del marito. Gianni allora si avvelena. Mentre Sandra assiste alla cerimonia commemorativa del padre, un vecchio amico le porta la notizia della sua morte.

Come spesso succede nelle opere di V., si possono distinguere nel film influenze diverse. Quattro anni prima, nell'allestimento parigino di Peccato che sia una puttana, V. aveva affrontato il tema dell'incesto, sottolineando la tenerezza e la complicità del legame tra i fratelli, a contrasto con l'esasperata violenza dell'ambiente elisabettiano. Ma una più ampia citazione letteraria affiora, con crescente insistenza, fin dalle prime immagini che precedono e accompagnano i titoli di testa, un debito letterario che V. non volle mai riconoscere: quello con Forse che sì forse che no di d'Annunzio. Nella "eccezionalità" esibita dai personaggi dannunziani, V. ritrova l'odore di falso e di chiuso, l'enfasi di passioni covate in un ambiente opprimente e angusto. Così come la maledizione romantica dell'incesto rivela poi le sue vere proporzioni nel tanfo sordido di un nucleo familiare avvolto su sé stesso; nell'impotenza mediocre di Gianni di aderire alla realtà e staccarsi dal passato.

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