CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Martin Scorsese
KUNDUN
USA 1997
Sceneggiatura: Melissa Mathison; fotografia: Roger Diekins; montaggio: Thelma Schoonmaker; musica: Philip Glass; interpreti:Tenzin Yeshi Paichang, Tenzin Thutob Tsarong, Robert Lin, Gyurme Tehong, Tencho Gyalpo, Tulku Jamyang, Kunga Tenzin, Tsewang Migyur Khangsar; produzione: Barbara De Fina per Buena Vista International.
35 mm, colore, v.o. st. f/t, 134’.
La giovinezza del 14. Dalai Lama (interpretato da quattro attori a seconda dell’età: in ordine cronologico crescente Paichang, Kunga Tenzin, Tethong e Tsarong), quello tuttora vivente ed esiliato dal Tibet: figlio di contadini, e prigioniero dal 1937 del suo destino di reincarnazione del Buddha, della sua reggia-convento a Lhasa e infine della crudeltà della politica.
Ci si è chiesti che cosa abbia spinto il regista in un mondo così lontano, per di più ricreato in Marocco dallo scenografo Dante Ferretti: probabilmente i temi universali, come quelli dell’infanzia perduta e del potere (memorabile l’incontro con Mao che sibila al Lama: " La religione è veleno "), tanto da invocare un confronto – per affinità e divergenze tematiche – più con L’ultimo imperatore che con Piccolo Buddha di Bertolucci. Ma per Scorsese si è trattato anche di un modo per regolare i conti con l’immaginario hollywoodiano, girando quel kolossal religioso che forse L’ultima tentazione di Cristo non era: un film intimista e antispettacolare che mescola sogno, realtà e ricordo con una libertà di recente inusitata, ma nel quale la preoccupazione di rispettare la realtà storica finisce per spegnere ogni vera emozione. Negli USA il film è stato boicottato dai distributori (la Touchstone) dopo che la Cina ne aveva quasi fatto un caso diplomatico. (Mereghetti
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