CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Nuovo cinema giapponese*

Nasce in un contesto professionale sfavorevole dovuto al grave calo di pubblico; persino i cineasti degli anni Cinquanta incontrano molte difficoltà nella loro attività creativa. Tuttavia, proprio per uscire dalla crisi, le grandi società cercano di promuovere giovani talenti con film a budget contenuto che, pur rispettando la tradizione estetica del cinema giapponese, rinnovano soggetti e ottica. Ma ben presto questi nuovi cineasti vorranno svincolarsi dalle strutture troppo rigide degli studi. Verso la metà degli anni Sessanta le quattro rivelazioni più significative del rinnovamento giapponese sono Oshima, Imamura, Hani e Teshigahara.

Nagisa Oshima emerge sin dal 1960 con Racconto crudele della giovinezza (Seishun zankoku monogatari) e con Notte e nebbia del Giappone (Nihon noyoru to kiri), film sulla rivolta giovanile, poi si afferma con Koshikei (t.l.: L'impiccagione, 1968), che pone il problema della pena di morte in modo esteticamente e tematicamente originale; segue Shonen (t.l.: Il ragazzo, 1969), cronaca familiare pervertita dalla catena di incidenti sistematicamente organizzati dal protagonista. Shohei Imamura impone con Nippon konchuki (t.l.: L'insetto giapponese, 1963) e La ballata di Narayama (Narayama bushiko, 1983) una visione ora naturalista ora barocca, Susumu Hani adotta un'ottica nel contempo etnografica, partecipe e ironica in Bwana Toshi no uta (t.l.: Il poema di Bwana Toshi, 1965), mentre lo sguardo si fa esplicitamente entomologico con Hiroshi Teshigahara (La donna di sabbia [Susa no onna], 1963; Tanin no kao [t.l.: Il volto di un altro], 1965). Come per la Nouvelle Vague francese, si affermano nello stesso periodo anche altri giovani registi, che vanno tuttavia considerati autori esclusivamente commerciali per la loro dipendenza dai generi, dalle star e dagli studi.


* testo tratto da R. Prédal, Cinema: cent'anni di storia, Milano, Baldini & Castoldi, 1996