CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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John Cassavetes

(New York 1929 - Los Angeles 1989). Regista e attore. Di origine greca, frequenta i corsi di regia e di recitazione dell'American Academy of Dramatic Arts, cominciando a lavorare nel 1951 come assistente di scena a Broadway e poi, subito dopo, alla televisione. Assimila in questo periodo la lezione di Paddy Chayefsky che, nel mettere in scena per la televisione i suoi testi, cerca di uscire dagli schemi stantii della 'soap opera', alla ricerca di un linguaggio più aderente a una dimessa quotidianitå. Nel 1957 fonda con Bert Lane l'Actor's Studio Workshop e vi opera come insegnante. Nel frattempo, getta le basi di una sua personale concezione del cinema, considerato come impresa di continua collaborazione di un gruppo di persone impegnate nell'analisi di problematiche esistenziali. La prima opera prodotta dall'Actor's Studio Workshop è Shadows (Ombre) uscito nel 1959 dopo tre anni di lavoro. Il film è girato in 16 mm con un budget limitatissimo e in totale e voluta estraneità ai codici del cinema hollywoodiano. Interpretato da attori non professionisti, tra scenografie reali, sulla base di un canovaccio che rimpiazza la consueta sceneggiatura e consente l'apertura del testo alle improvvisazioni e alla casualità, Shadows pedina e registra le infelici avventure di tre fratelli negri nella metropoli ostile. L'opera riceve il premio della rivista 'Filmculture' per il miglior film indipendente e C. viene presto collocato dalla critica all'interno della cosiddetta Scuola di New York, dalla quale, però, egli si distacca, malgrado l'ammirazione manifestatagli da Jonas Mekas, evitando di sottoscrivere il documento programmatico del New American Cinema Group. Nel 1961 C. è a Hollywood, dove filma l'infelice Too Late Blues (Blues troppo tardivo), con Bobby Darin e Stella Stevens, storia (involontariamente autobiografica) di un jazzista costretto a svilire la sua musica per ragioni economiche. Due anni dopo, malgrado le interferenze della produzione Kramer, porta a termine A Child Is Waiting (Gli esclusi), un film con Judy Garland e Burt Lancaster sul problema dei bambini handicappati. L'insuccesso commerciale dell'opera lo allontana dalla regia. In questo periodo fornisce come attore una serie di buone prestazioni, da The Killers (Contratto per uccidere) di D. Siegel a The Dirty Dozen (Quella sporca dozzina) di R. Aldrich. Nel 1968 interpreta la parte del marito di Mia Farrow in Rosemary's Baby (id.) di R. Polanski e termina come regista Faces (Volti), con John Marley, Lynn Carlin, Seymour Cassel e Gena Rowlands, sorta di straordinario e maccheronico work in progress, fluviale e pluriennale, con il quale dimostra ancora una volta la sua sostanziale estraneità a problemi tecnici di ripresa, montaggio, movimenti di macchina, illuminazione o sceneggiatura. Da allora, attraverso i successivi Husbands (Mariti, 1970), Minnie and Moskowitz (Minnie e Moskowitz, 1972) e A Woman under the Influence (Una moglie, 1975), C. si conferma regista attento ai problemi della coppia e dei sentimenti, in particolare alla frustrazione, solitudine e paura urbane. Tematiche 'private', mai imposte dal regista agli interpreti ma al contrario lasciate emergere nel corso di una performance-confessione dell'attore. D'altronde, pochi registi sono tanto intensamente attratti dal processo recitativo come C., il cui cinema resta strettamente vincolato alla presenza di un gruppo costante di interpreti come Peter Falk, Gena Rowlands e Ben Gazzarra. Il successo internazionale di A Woman under the Influence e la presentazione del film del regista a Venezia nel 1975 ha segnato l'inizio di una sua consacrazione critica e anche commerciale, confermata poi dai film successivi, formalmente più levigati. In The Killing of a Chinese Bookie (L'assassinio di un allibratore cinese, 1976) affronta il film noir, immergendolo nelle atmosfere buie di bar e nightclub; in Opening Night (La sera della prima, 1977) dipinge il ritratto di un'attrice ormai matura (interpretata da G. Rowlands), scossa dalla morte di una sua fan; in Gloria (Gloria. Una notte d'estate, 1980), con cui vince il Leone d'oro, mescola i codici del thriller a quelli della commedia giallorosa, in un prodotto formalmente impeccabile, che si sofferma volentieri sugli scorci di una metropoli allo sfascio; in Love Streams (id., 1984) descrive un rapporto complesso tra fratello e sorella, ottiene molte nomination all'Oscar e vince l'Orso d'oro a Berlino. Nel 1982 ha interpretato il personaggio di Prospero nel film di Paul Mazurski Tempest (Tempesta). "A me interessano di più le persone con cui lavoro che il film in sé, o il cinema", dice C. Ed è questa la chiave del suo stile, libero, affidato alla improvvisazione degli attori e al caso. Per non sottostare alle imposizioni dell'industria ha sempre impiegato i guadagni suoi e dei suoi attori, con una determinazione che l'ha fatto apparire un inguaribile invasato (nel 1984 Michael Ventura gli ha dedicato un documentario, significativamente intitolato I'm Almost Not Crazy, ossia Non sono pazzo o quasi). Nel 1986 gira il suo ultimo film - Big Trouble (Gran pasticcio) - che rappresenta una parodia (con Alan Arkin, Peter Falk e Beverly D'Angelo) di Double Indemnity (La fiamma del peccato, 1944) di Billy Wilder. Dei tre figli solo Nicholas (New York 1959) ha affrontato il mestiere di attore passando poi alla regia con Unhook the Stars (1996), interpretato dalla madre, G. Rowlands e Marisa Tomei; e She's so Lovely, 1997.


Scheda tratta da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Roma, Editori riuniti, 1996