CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Per un cinema di opposizione
11 film di
KEN LOACH
11 aprile - 16 giugno 2000

 

PRESENTAZIONE

 

"La famiglia, il lavoro, la classe sociale. Gli elementi drammatici che mi attirano sono la forza di battersi per difendersi, la lotta per dare voce a ciò che è di solito represso e il calore dell'amicizia, della solidarietà e della compassione" (1995)

"Un cineasta deve innanzi tutto mostrare i fatti e mettere il dito su ciò che non va" (1995)

"Non è vero che la classe operaia non esiste più. Si è trasformata, ma lo sfruttamento prosegue senza intoppi" (1994)

"Voglio dare valore alla gente che normalmente non ha valore. Voglio mostrare che anche quelli delle classi sociali più maltrattate sono persone a tre dimensioni, che gioiscono, soffrono, respirano e sanguinano come tutti. Non è un caso che mi capiti di raccontare la classe lavoratrice, perché, se c'è un cambiamento nella società, è da quella parte che può venire" (1990)

"Continuo a credere che il futuro del cinema stia nel suo essere contro" (1991)

"I nostri film non sono fatti per gente politicamente sofisticata, ma per normali persone che lavorano. Una delle ragioni per cui abbiamo lavorato molto per la televisione è che in questo modo possiamo raggiungere un vasto pubblico di lavoratori" (1980)

"Se il cinema potesse cambiare il mondo, sarebbe per renderlo ancora più minaccioso, ancora più pericoloso, ancora più individualista, ancora più aggressivo, ancora più violento, ancora più di destra... Se il cinema potesse cambiare il mondo, sarebbe per rinforzare l'idea che tutti i problemi del mondo possono essere risolti da un solo uomo con un fucile in mano e l'accento americano! Parlo del cinema in generale, del suo impatto come istituzione. Poiché sono gli Americani che hanno il potere economico, sono le loro immagini, le immagini dei loro studios, che inondano il mondo. E l'ideologia che i loro film generano è piuttosto distruttiva, predatrice... Io so che non mi rivolgo a milioni di persone. Ciò che tento di fare, che noi tentiamo di fare, è semplicemente quello di lottare contro la marea, di lanciare un sasso sull'onda per fare i rimbalzelli..." (1995)

Cosa aggiungere a queste dichiarazioni, volutamente affastellate senza preoccupazioni cronologiche? Ben poco, ci sembra. Chi si occupa di cinema indulge spesso al solipsismo e ai discorsi fumosi, ammantati di pseudoscientificità. Per tutti, per tutti noi che ci occupiamo di cinema, le parole, ma soprattutto i film di Ken Loach sono una ventata di aria fresca. La sua è oggi una delle ultime voci, perlomeno nel cinema occidentale, che ci richiama urgentemente al nocciolo delle cose, alla realtà sociale che non vogliamo guardare in faccia. "L'ultimo arrabbiato": così lo ha chiamato qualche anno fa una rivista italiana. Ma non siamo sicuri che la definizione sia azzeccata. Più che di rabbia, ci sembra sia il caso di parlare di indomita tensione etica, di coerente impegno politico, di adamantina onestà.

Di schietta estrazione inglese, provinciale e proletaria, Ken(neth) Loach nasce nel 1936, l'anno della guerra civile spagnola. E' l'unico della famiglia che può permettersi gli studi universitari (diritto a Oxford). Ma la sua passione è il teatro, cui si dedica come attore e come regista. A venticinque anni è assunto dalla BBC, dove si fa le ossa realizzando di tutto, polizieschi, commedie, drammi sociali, documentari. Dopo il successo di un suo "documentary drama" (Cathy Come Home, 1966), fonda con Tony Garnett la società di produzione Kestrel Film, peer la quale realizza i suoi primi film per il cinema (Poor Cow, 1967, Kes, 1969, Family Life, 1971), influenzati dalla lezione documentaristica di Grierson e dall'attenzione al sociale del free cinema. Negli anni '70 e '80 le sue opere per il cinema si riducono a tre (Black Jack, 1979, Looks and Smiles, 1981 e Fatherland, 1986), mentre numerosi sono i suoi lavori televisivi (una trentina di film tra il 1964 e il 1991, che un giorno sarà forse il caso di riscoprire). Poi, negli anni '90 il grande ritorno sul grande schermo, segnato, a partire da Riff-Raff (1991), da una nuova freschezza, dall'ironia sferzante della commedia proletaria.

Questa rassegna presenta undici dei tredici film realizzati da Ken Loach per il cinema: mancano solo il suo film d'esordio, Poor Cow (1967), praticamente introvabile, e Fatherland (1986), di cui non siamo riusciti ad ottenere i diritti. Ma siamo convinti che ce ne sia abbastanza per poter apprezzare l'opera del regista inglese e per trarre una lezione dal suo straordinario impegno e dalla sua insopprimibile passione civile.

Michele Dell'Ambrogio
Circolo del cinema Bellinzona

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