CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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UNO SVIZZERO IMPERFETTO
Il cinema di Leopold Lindtberg (1935-1953)
Wachtmeister Studer
(Il sergente Studer) - 1939
    Regia: Leopold Lindtberg. Sceneggiatura: Richard Schweizer e Horst Budjuhn dal romanzo di Friedrich Glauser uscito nel 1936. Dialoghi: Kurt Guggenheim. Fotografia: Emil Berna. Musica: Robert Blum. Scenografia: Robert Furrer. Montaggio: Käte Mey. Costumi: Hans Prüfer. Suono: Dr. Hans Bittman. Ass. regia: Robert Troesch. Dir.prod.: Max Plüss. Prod.: Lazar Wechsler, Praesens-Film, Zürich. Durata: 112 min./3'098 m. Visto censura: F-3099. Interpreti: Heinrich Gretler (sergente Jacob Studer), Adolf Manz (Aeschbacher, il sindaco), Bertha Danegger (la madre del sindaco), Armin Schweizer (Gottlieb Ellenberger), Ellen Widmann (Anastasia Witschi), Robert Troesch (Armin Witschi), Anne-Marie Blanc (Sonja Witschi), Robert Birchler (Erwin Schlumpf), Hans Kaes (gendarme Murmann), Zarli Carigiet (Schreier), Mathilde Danegger (Signora Hofmann), Rita Liechti (la cameriera Berta).

Nel villaggio (fittizio) di Gerzenstein nel canton Berna, il sergente Studer deve indagare sul presunto omicidio del commerciante Witschi, del quale viene incolpato Erwin Schlumpf, un ex-carcerato che viveva nei paraggi e che aveva tentato di fuggire. L'affare sembra chiaro. Un po' troppo forse per il sergente Studer che decide di continuare le indagini, nonostante l'ostilità dei paesani e dei suoi superiori. Tra una partita ai jass e una rimpatriata all'osteria, con la solita flemmatica arguzia, Studer riuscirà, smascherando accessoriamente il colpevole, a salvaguardare il proprio comune senso di giustizia: "Qualcuno ha detto ‘ciò che ci è utile è giusto’. È possibile, ma il contrario è ancora più vero: ‘ciò che è giusto ci è utile’. In questo mondo non ci sono dei casi grandi e dei casi piccoli, non c'è che ciò che è giusto e ciò che è ingiusto" (Dumont, p.91)

Dopo il successo inatteso, alla Praesens cercano un soggetto ad hoc per la loro star Heinrich Gretler, decidendosi infine per il romanzo poliziesco di Glauser, allora (ma non solo) un "caso" nella letteratura svizzera, dove al successo del romanzo e del suo protagonista, faceva da contraltare, il destino tormentato del suo autore, a cui l'establishement non perdonò mai la condotta "dissoluta", e conclusosi con una morte nel più totale oblio (il 6 dicembre 1938, il giorno delle sue nozze!). Ancora una volta la distribuzione è composta di attori teatrali di spicco. Girato tra giugno ed agosto il film viene terminato qualche giorno prima dell'invasione tedesca della Polonia e dell'inizio della Seconda guerra mondiale (1 settembre 1939). Rimasto in cartellone per 14 settimane, il film è accolto con entusiasmo da pubblico e critica, perché la qualità dell'opera è innegabile: nel 1939/40 uno svizzero su sei ha visto il film. Selezionato per la biennale di Venezia, il film non fu però terminato in tempo. L'adattamento di Lindtberg e di Schweizer è abbastanza fedele. Studer, rimane un uomo taciturno, stanco, alla vigilia della pensione, mal pagato e scosso da angosce personali, anche se, per far passare meglio i messaggi sulla giustizia, Lindtberg smusserà un po' gli aspetti tormentati del suo sergente. Il film ruota attorno all'interpretazione magistrale di Gretler: vive della sua recitazione e della sua caratterizzazione, facendo di Studer un Maigret elvetico. I suoi metodi di deduzione si affidano più al buon senso, all'esperienza della vita che ai giochi di prestigio dell'intelletto. Caloroso e gioviale è il contrario del funzionario, ma resta comunque un personaggio integrato nella sua comunità. L'altra grande qualità del film, sostenuta dalla riuscita scenografia di Furrer, rimane la ricreazione dell'ambiente piccolo-borghese da tipico villaggio svizzero, dove dietro la facciata di rispettabilità ostentata, si nascondono gelosie, intolleranze e bigotterie. Anche se il film evoca chiaramente lo spettro del fascismo ordinario (scene al bistrot), Lindtberg non scade nell'accusa superficiale, mantenendo un tono "giusto" e dolcemente ironico, meno visibilmente soggettivo che in Glauser. Senza dubbio si tratta di uno dei primi film svizzeri di valore artistico e uno tra i tre-quattro film principali del regista. Lindtberg: “Quello che volevamo dire in questo film – e credo che sia stata anche la convinzione intima di Glauser – è che le questioni di giustizia e d’ingiustizia giocano, in una democrazia, un ruolo assolutamente capitale” (Dumont, pag.20).