CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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UNO SVIZZERO IMPERFETTO
Il cinema di Leopold Lindtberg (1935-1953)
Die missbrauchten Liebesbriefe
(Lettere d'amore smarrite) - 1940
Anne-Marie Blanc
    Regia: Leopold Lindtberg. Sceneggiatura: Richard Schweizer, Horst Budjuhn, Kurt Guggenheim, Leopold Lindtberg, dalla novella di Gottfried Keller scritta nel 1855 e pubblicata nel 1874. Fotografia: Emil Berna, assistito da Werner Graf. Musica: Robert Blum. Montaggio: Käte Mey. Scenografia: Robert Furrer. Consulenti artistici: Teo Otto, August Schmid. Costumi: Ruth Zürcher, Hans Prüfer, Robert Gamma. Suono: Max Niederer. Dir. prod.: Dr. Heinrich Fueter. Prod.: Lazar Wechsler, Praesens-Film, Zürich. Durata: 90 min./2600 m. Visto di censura: F-10584. Interpreti: Alfred Rasser (Viggi Störteler), Anne-Marie Blanc (Gritli Störteler), Paul Hubschmied (Wilhelm, istitutore), Elsie Attehofer (Anneli), Mathilde Danegger (Kätter Ambach), Heinrich Gretler (preside), Emil Hegetschweiler (pastore), Adolf Manz (giudice), Emil Gyr (assessore), Emil Gerber (assessore), Rudolf Bernhard (farmacista), Therese Gieshe (Marie), Rita Liechti (Rösli).

Il giovane e timido Wilhelm, maestro di scuola elementare, giunto da poco nel villaggio di Selwyla, arrotonda le magre entrate suonando l'organo in chiesa. Il suo metodo d'insegnamento moderno e l'affetto degli allievi gli attirano le antipatie dei notabili. Dovendo assentarsi per affari, il commerciante Viggi Störteler, un pedante scrittore di provincia dall'intelligenza mediocre, chiede alla moglie Gritli, nipote del preside, di instaurare uno scambio epistolare con la pretesa poi di pubblicarlo. La richiesta mette la giovane moglie dal carattere semplice e senza pretese in seria difficoltà, non sapendo come soddisfare le noiose pretese letterarie del marito senza deluderlo. Il tempo passa e la prima lettera arriva. Gritli la trascrive e la invia a Wilhelm firmandola a suo nome. Il povero maestro, folle d'amore, credendola una dichiarazione le risponderà con una lettera piena di passione che Gritli, ingenua e divertita dal malinteso, utilizza quale risposta al marito. Il marito di ritorno a casa, credendosi tradito, ripudia la moglie portandola al divorzio. Lo scandalo investe anche Wilhelm, che abbandonerà la scuola e si ritirerà a vivere nel bosco.

Lindtberg si avvicina alla novella di Keller con scrupolo e cura, facendo ricorso, non solo al meglio degli attori presenti allora in Svizzera, tra i quali una sempre più famosa Anne-Marie Blanc e Therese Giehse (colei che Brecht definì "la più grande attrice d'Europa"), ma anche, per ricreare la tipica atmosfera biedermeier, a Theo Otto, uno dei più importanti decoratori teatrali del 20. secolo.
Le riprese si tengono tra l'agosto e l'ottobre 1940 a Stein am Rhein (Canton Sciaffusa). All'uscita del film il successo fu di nuovo notevole. La stampa è unanime: "Uno dei migliori, se non il migliore film elvetico ad oggi" (NZZ), "Questo film è un piacere per gli occhi dalla prima all'ultima immagine" (Die Weltwoche). Nel 1940/41, 900mila persone vedono il film, che riceve la Coppa Mussolini, massimo riconoscimento alla Biennale di Venezia del 1941 (ironia della sorte in quegl’anni per un regista d’origine ebraica!). Nel'42-'43, esce con successo in Svezia, Bulgaria, Romania, Ungheria, nel '44 in Spagna, Finlandia e solo nel '48 in Austria e Germania. Il film si lascia apprezzare ancora oggi per lo stile dal lirismo minimalista, l'atmosfera di gaia leggerezza e la freschezza naturale. Il piacere è innanzitutto visivo: fotografia e scenografia concorrono a ricreare lo stile biedermeier negli interni e il romanticismo etereo dei paesaggi. L'ironia kelleriana è onnipresente, sia in primo piano (Störteler) che in filigrana (grazie allo stile ellittico e metaforico impresso da Lindtberg): la comunità di Seldwyla è una sorta di Svizzera in miniatura, dove arrivismo, calcolo, immaturità politica vengono mostrati con sguardo lucido e senza compiacenze, addolcito solo dallo humour poetico che pervade il film, così come la novella. Lindtberg: “ La storia era molto bella. Il problema era di sapere se una storia comprendente un divorzio sarebbe stata ‘accettabile’. Secondo il codice morale dell’epoca e la censura cinematografica, questo poteva causarci delle noie” (Dumont, pag. 22).