CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Emir Kusturica

Underground
Comunità Europea (Francia/Germania) 1995

Soggetto: Dusan Kovacevic; sceneggiatura: Dusan Kovacevic e Emir Kusturica; fotografia: Viljko Filac; musica: Goran Bregovic; montaggio: Branka Ceperac; effetti speciali: Petar Zivkovic; interpreti: Miki Manojlovic, Lazar Ristovski, Mirjana Jokovic, Slavko Stimac, Ersnt Stötzner, Srdan Todorovic, Mirjana Karanovic, Milena Pavlovic, Bora Todorovic, Slobodan Salijevic Orchestra (orchestra zigana), Boban Markovic Orchestra (orchestra zigana del bar); produzione: Pierre Spengler per Ciby 2000 (Parigi), Pandora Film (Francoforte) e Novo Film (Budapest), con la partecipazione di Komuna/PTC (Belgrado), Mediarex/Etic (Praga) e Tchapline Films (Sofia).

Più trafficoni che veri resistenti, Blacky (Ristovski) e Marko (Manojlovic) mescolano la lotta all'invasore nazista che ha occupato Belgrado con le loro avventure amorose, protetti da un nascondiglio sotterraneo in cui hanno trovato rifugio familiari e amici, e dove si dovrà nascondere anche un Blacky semimorto, che Marko ha strappato ai torturatori nazisti dopo la sua ultima bravata: il rapimento durante uno spettacolo dell'attrice di cui è innamorato, Nataljia (Jokovic). Blacky e gli altri ci resteranno vent'anni, convinti da Marko che la guerra non è mai finita, mentre lui invece fa carriera sotto il regime titoista e se la spassa con Nataljia. Quando usciranno non potranno che farsi coinvolgere dalla nuova guerra che divide l'ex Jugoslavia e che finirà per far giustizia anche di Marko e Nataljia.

Opera strabordante e pirotecnica, confusa e geniale, Underground conferma il talento di Kusturica, ma ne evidenzia anche i limiti narrativi. Il film procede per accumulo di materiali, riempiendo le scene con la vitalità strabordante dei suoi personaggi, sempre pronti a bere, cantare e fare all'amore, ma smarrendo per strada il filo della narrazione. Se la prima ora e mezza, con il bombardamento dello zoo che libera gli animali per Belgrado e poi l'installazione della comunità nei sotterranei, è assolutamente geniale, degna di un Fellini dei Balcani, la parte ai tempi di Tito e quella della guerra fratricida sono lunghe e macchinose. E amando più i suoi personaggi delle storie che racconta, Kusturica finisce per chiudere il film con un deludente stratagemma fantastico: un "annegamento" generalizzato - tra il ritorno nella placenta materna e la citazione dall'Atalante - che si trasforma in una resurrezione dove tutti tornano amici e fratelli (le ultime parole sono "C'era una volta un paese..."). Straordinariamente trascinante la musica slavo-gitana che accompagna quasi tutto il film. Palma d'oro a Cannes e immediate polemiche in patria (e fuori) con i bosniaci che lo accusano di aver tradito le proprie origini (Kusturica è nato in Bosnia da padre serbo e ha scelto di vivere nella serba Belgrado) e di aver dato voce alla "mitologia espansionista serba" e alla "versione rock (!?) postmoderna e americanizzata della propaganda serba più menzognera". Anche se prodotto con finanziamenti francesi e germanici, Kusturica ha ottenuto che il film fosse presentato a Cannes sotto i colori della Comunità Europea.

(Paolo Mereghetti, Dizionario dei film 1996, cit.)

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