CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Takeshi Kitano

Kids Return
di Takeshi Kitano, Giappone 1996

Titolo originale: Kids Return; soggetto e sceneggiatura: T. Kitano; fotografia: Katsumi Yanagishima; montaggio: T. Kitano; musica: Jo Hisaishi; interpreti: Masanobu Ando, Ken Kaneko, Reo Morimoto, Hatsuo Yamaya, Mitsuko Oka, Ryo Ishibashi, Susumu Terajima; produzione: Masayuki Mori, Yasushi Tsuge, Takio Yoshida per Office Kitano.

35 mm, colore, v.o. st. it., 107'

Shinji e Masaru sono due perdigiorno: compagni di scuola, in realtà passano il loro tempo girando in bicicletta, facendo scherzi ai professori, ricattando i compagni, bevendo e fumando in un bar, dove ammirano la classe degli yakuza e deridono il timido amore di un loro compagno per la cameriera. I professori li tollerano, i compagni li sopportano e li temono, qualcuno un po' li invidia, guardandoli da dietro le finestre della classe. Non sanno cosa fare del loro tempo e per il futuro sono indecisi tra la carriera di comici e quella di modelli. Un giorno Masaru decide di iscriversi a una palestra di boxe per imparare a combattere. Shinji lo segue e ben presto si rivela più dotato di lui, sino a salire sul ring da promettente professionista. Masaru intanto ha mollato, preferendo entrare nel mondo della yakuza, ma alla fine si mette nei guai e viene cacciato per l'arroganza mostrata nei confronti di un anziano. Anche Shinji, però, fa qualche passo falso: segue i consigli di un vecchio boxeur e finisce per diventare un perdente.

Questo è un film coniugato al passato, scritto col languido distacco della memoria che cerca di guardare indietro: cosa desueta nel cinema di un regista che in realtà non conosce le parabole del tempo, preferisce scartarle con guizzi repentini di abbagliante presente, anche quando costruisce laceranti flashback. Kids Return, invece, guarda indietro, sembra voler cercare i motivi, recuperare le ragioni di quel presente che per una volta resta "tragicamente" fuoricampo, respinto in un limbo dal quale detta la trasparente consapevolezza di cui è pervaso l'intero film, come un distaccato sguardo da un futuro tempo dell'assenza che ritrova e riconosce i motivi del suo vuoto. Forse è proprio per questo che Kids Return è il film più semplice di Kitano, quello nel quale è più immediato, riconoscibile, il riscontro di un universo umano adeguato ai sentimenti in dispersione che contiene.

(M. Causo, in Kitano Beat Takeshi, cit.)

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