CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

home

Takeshi Kitano

Hana-bi
di Takeshi Kitano, Giappone 1997

Titolo originale: Hana-bi; soggetto e sceneggiatura: T. Kitano; fotografia: Hideo Yamamoto; montaggio: T. Kitano, Yoshinori Ota; musica: Jo Hisaishi; interpreti: T. Beat Kitano, Kayoko Kishimoto, Ren Osugi, Susumu Terajima, Tetsu Watanabe, Hakuryu, Yasuei Yakushiji, Taro Itsumi, Kenichi Yajima, Makoto Ashikawa, Yuko Daike; produzione: Masayuki Mori, Yasushi Tsuge, Takio Yoshida per Office Kitano, Bandai Visual Company, Television Tokyo Channel, Tokyo FM Broadcasting.

35 mm, colore, v.o. st. f/t, 103'

Anni fa, al poliziotto Nishi (Kitano) è morta una figlia. Ora sua moglie sta morendo di leucemia. Horibe, suo collega e migliore amico, è stato ferito da un pregiudicato ed ora è costretto in sedia a rotelle, abbandonato dalla famiglia, in più deve anche del denaro a degli strozzini. Nishi decide che è ora di cambiare vita. Lascia la polizia, compra da uno sfasciacarrozze un taxi rubato, lo dipinge come un'auto della polizia e mette a segno un colpo in banca. Dopo aver chiuso il debito con gli yakuza spedisce colori e pennelli a Horibe, che desiderava dipingere ma non aveva i soldi per l'attrezzatura. Parte quindi con la moglie, inseguito da poliziotti e da yakuza. Verso la neve e poi verso il mare, in un viaggio senza ritorno.

Hana-bi assomma in sé le caratteristiche gelide di un'opera strutturata con grande rigore su più piani di discorso e il pathos tragicomico che anima personaggi e situazioni. Sin dal suo titolo originale, il settimo film di Kitano si dibatte tra due opposti: le idee di vita e morte implicite nelle due parole (fiore/fuoco) che compongono un unico termine, "fuochi d'artificio". Hana-bi è dominato da una persistenza, capace di portare alle estreme conseguenze l'arresto del racconto di Sonatine: quel giocoso soffermarsi sulle rive del mare, preludio al suicidio; a dispetto dell'avvio da gangster-movie, che lasciava subodorare altre declinazioni. La sospensione, in Hana-bi e altrove, ha molto a vedere con la malinconia, insistenza negativa, narcisistica e infinitamente dolente; una malinconia che traversa tutto il film di Kitano, imponendosi nel narrato, nel procedere del racconto, nella forma e nella valenza delle inquadrature, nella figurazione del corpo stesso di Kitano.

(F. Pitassio, inKitano Beat Takeshi, cit.)

Torna