CIRCOLO DEL CINEMA DI BELLINZONA

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Carl Theodor Dreyer
e l’etica dello sguardo
VAMPYR
Il Vampiro
Regia: Carl Theodor Dreyer; soggetto: liberamente ispirato a “Carmilla” e alle altre novelle della raccolta “In the Glass Darkly” di Joseph Sheridan Le Fanu; sceneggiatura: Carl Th. Dreyer, Christen Jul; fotografia: Rudolf Maté; scenografia: Hermann Warm, Hans Bittmann, Cesare Silvagni.
Interpreti: Julian West, Henriette Gérard, Jan Hieronikmo, Maurice Schutz, Sybille Schmitz, Rena Mandel, Albert Bras, N. Babanini, Jane Mora; Francia – Germania 1932; durata 70’; versione originale tedesca; 35 mm
Capitato in un paese misterioso, David Gray (West) apprende da un vecchio libro la storia di una vampira (Gérard) che infesta la regione. Una giovane donna (Schmitz) ne cade preda. David, superato un incubo in cui si vede chiuso in una bara e seppellito, riesce a trafiggere il cuore della vampira, mentre il medico che lo aiutava finisce sepolto dalla farina di un mulino. Il primo film sonoro del regista è un capolavoro del cinema fantastico, oltre che di quello dreyeriano. L’incanto del film deriva in particolare da due infrazioni alle regole del genere orrorifico: l’ambientazione in luoghi aperti e alla luce diurna, e il prevalere del bianco sul nero (la leggenda vuole, comunque, che Dreyer si adattasse a un incidente di lavorazione). La narrazione segue una logica onirica, e il protagonista (che era anche produttore del film) si muove come un sonnambulo. Le invenzioni visive (le ombre che si staccano dai corpi, la soggettiva – imitata in seguito mille volte – dall’interno della bara) continuano a lasciare meravigliati, e creano un’atmosfera incerta e inquietante, dove l’immagine non testimonia mai un mondo reale. Pochi dialoghi, ma un uso accorto del sonoro e della musica. Liberamente ispirato a Carmilla di Sheridan Le Fanu, la più famosa novella di vampirismo femminile, ispiratrice di numerosi film tra cui Il sangue e la rosa e Vampiri amanti.
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