Circolo del cinema di Bellinzona
casella postale 1202
CH-6500 Bellinzona
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10 MAGGIO 2016 -
14 GIUGNO 2016
UNA COMPASSIONE CIVILE
IL CINEMA DEI FRATELLI DARDENNE
LE SILENCE DE LORNA
Il matrimonio di Lorna
In cambio di soldi, il tossico belga Claudy (Renier) ha sposato Lorna (Dobroshi), profuga dell’ex Jugoslavia.
Non sa che l’organizzatore di queste nozze – il tassista Fabio (Rongione) – sta aspettando che lui muoia di overdose per fare sposare Lorna, ormai cittadina belga, a un ricco russo in cerca di un passaporto comunitario,
e che solo allora la ragazza potrà intascare i 5000 euro necessari per aprire un bar con il suo vero fidanzato Sokol (Ukaj). (Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014, Milano, Baldini&Castoldi, 2013)
Ai Dardenne ancora una volta interessa l’incognita umana, quella che portava il figlio a disubbidire al padre e a individuare una madre putativa nella donna immigrata
(La promesse), che induceva Rosetta a desistere dal proposito suicida e matricida (Rosetta), al ripiego da parte del padre inconsolabile per la morte del figlio verso quel figlio “altro” che glielo aveva ucciso (Il figlio).
Belgio/Gran Bretagna/Francia/Italia/Germania 2008
Regia: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne; soggetto e sceneggiatura: Jean Pierre Dardenne e Luc Dardenne; fotografia: Alain Marcoen; montaggio: Marie-Hélène Dozo; musica e scenografia: Igor Gabriel;
interpreti: Jérémie Renier, Arta Dobroshi, Fabrizio Rongione, Alban Ukaj, Morgan Marinne;
produzione: Jean-Pierre e Luc Dardenne, Denis Freyd Andrea Occhipinti per Les Films du Fleuve/Archipel 33/RTBF/Lucky Red/WDR-Arte/Gemini film/Mogador Film.
35 mm, colore, v.o. francese st. t., 105’
Matrimonio pro-forma, problemi di cittadinanza, soldi: il punto di partenza è concreto e attuale, ma ai Dardenne (che sono stati premiati a Cannes per la sceneggiatura) non interessa dire la loro su questi temi. Vogliono solo raccontare come la realtà sia imprevedibile, e come sia sempre diverso il suo effetto sugli esseri umani. Attraverso la ribellione di Lorna, che a un certo punto non ubbidisce più alle indicazioni del suo “regista” Fabio, mostrano due cose: da una parte l’imponderabilità dei sentimenti e il ruolo della morale, che si insinua nelle azioni umane e le stravolge, dall’altro il funzionamento di un cinema che coglie la complessità della vita, evitando le formule prefissate. Peccato che il film sia stato accolto da noi con un certo disinteresse.
(Anton Giulio Mancino, “Cineforum”, 479, novembre 2008)
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