Circolo del cinema di Bellinzona

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10 MAGGIO 2016 -

14 GIUGNO 2016

UNA COMPASSIONE CIVILE

IL CINEMA DEI FRATELLI DARDENNE

 

LE GAMIN AU VÉLO

Il ragazzo con la bicicletta
Belgio/Francia/Italia 2011

Regia: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne; soggetto e sceneggiatura: Jean Pierre Dardenne e Luc Dardenne; fotografia: Alain Marcoen; montaggio: Marie-Hélène Dozo;
interpreti: Jérémie Renier, Cécile De France, Olivier Gourmet, Thomas Doret, Fabrizio Rongione, Egon Di Mateo, Romain Clavareau, Charles Monnoyer, Jasser Jaafari, Laurent Caron;
produzione: Jean- Pierre et Luc Dardenne, Denis Freyd, Andrea Occhipinti per Les Films du Fleuve.

DCP, colore, v.o. francese st. t., 87’

Cyril Catoul (Doret) non crede che il padre (Renier) l’abbia abbandonato in un centro per l’infanzia vendendo la sua bicicletta e cerca in tutti i modi di raggiungerlo, ma quando ci riesce, con l’aiuto della parrucchiera Samantha (De France), si sente dire che lui non può occuparsi del ragazzo. Nonostante la tensione col fidanzato (Caron), è Samatha che gli compra una nuova bicicletta, lo ospita in casa e lo aiuta quando Cyril si fa coinvolgere da un piccolo spacciatore (Di Mateo) in un furto che finisce male: cosa dovrà ancora fare Samantha per conquistarne la fiducia e la riconoscenza?
La storia di un ragazzo ferito dalla vita che risponde con la rabbia alle offerte di affetto è una specie di costante nel cinema dei Dardenne (come sempre autori anche della sceneggiatura), ma a dare nuova energia al film qui c’è uno sforzo di essenzialità e di intensità che va direttamente al cuore della loro scommessa di registi: raccontare la realtà attraverso la finzione. Balza all’occhio da certi particolari (i “dispetti” di Cyril, i suoi scatti d’ira), da certe scene “secondarie” (l’energia che il ragazzo mette per pedalare in città) così che l’essenzialità della trama aiuta ad andare all’essenza delle cose e a regalarci una inaspettata e inedita complessità narrativa, quella che trasforma il dramma di un adolescente in una specie di favola moderna, con il bosco dove perdere l’orientamento e la morale, l’”uomo cattivo” che insegna a rubare e, naturalmente, la “fata buona” che come ricompensa offre il proprio amore. Gran premio della Giuria a Cannes.

(Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014, Milano, Baldini&Castoldi, 2013)

L’idea è di non esitare a collocare la macchina da presa nel posto peggiore, in modo che capti delle cose e non delle altre, come le spalle di un interprete anziché uno sguardo. La macchina da presa non è mai onnipotente. Non bisogna bloccare le cose. Come sfuggire alla “buona posizione”? È per questo che, nei nostri film, i nostri personaggi devono sempre attraversare degli ostacoli. Bisogna che siano ostacolati, che resistano. Dalla scrittura alla sceneggiatura, noi abbiamo delle idee in testa (…) partiamo sempre da un personaggio in una data situazione e non da un individuo campato in aria che vorrebbe esprimere un problema.
(Jean-Pierre e Luc Dardenne, La leçon du cinéma, “Studio Ciné Live” n. 27, giugno 2011, in “Cineforum” 505, giugno 2011)



Per l’ottenimento delle copie si ringrazia:

  1. Xenix Filmdistribution, Zürich