Circolo del cinema di Bellinzona
casella postale 1202
CH-6500 Bellinzona
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10 MAGGIO 2016 -
14 GIUGNO 2016
UNA COMPASSIONE CIVILE
IL CINEMA DEI FRATELLI DARDENNE
L’ENFANT
L’enfant – Una storia d’amore
La nascita di Jimmy cambia la vita a Sonia (François) ma non al suo compagno Bruno (Renier), dropout che vive di furti e si preoccupa solo di quanti soldi ha in tasca: lui cerca addirittura di vendere il neonato, ma la reazione di Sonia lo costringe a tornare sui suoi passi e a ripensare alle proprie azioni. (Il Mereghetti. Dizionario dei film 2014, Milano, Baldini&Castoldi, 2013)
L’enfant non è un doppione appena camuffato dei precedenti La promesse, Rosetta e Il figlio: piuttosto, è il tassello mancante di un mosaico umano, letteralmente sottoproletario, che capovolge anche alcune acquisizioni pregresse, a patto di considerare questi quattro titoli come tappe di una vera e propria tetralogia.
Francia/Belgio 2005
Regia: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne; soggetto e sceneggiatura: Jean Pierre Dardenne e Luc Dardenne; fotografia: Alain Marcoen; montaggio: Marie-Hélène Dozo;
interpreti: Jérémie Renier, Olivier Gourmet, Déborah François, Jérémie Segard, Fabrizio Rongione;
produzione: Jean-Pierre e Luc Dardenne, Denis Freyd per Les Films du Fleuve/Archipel 33/Radio Télévision Belge Francophone/Scope Invest/arte France Cinéma.
35 mm, colore, v.o. francese st. t., 95’
I fratelli Dardenne (autori anche della sceneggiatura) continuano a raccontare la vita dalla parte degli emarginati, cercando di scavare nelle azioni delle persone per coglierne l’animo nascosto, ma qui la loro scommessa si fa più alta e azzardata: misurarsi con la vita stessa nella sua forma più diretta (il rapporto filiale) e insieme confrontarla con i disvalori che la società sembra privilegiare, a cominciare dai soldi. Il rigore stilistico è lo stesso di sempre, per una buona parte del film i Dardenne imprigionano lo spettatore dentro il “ritratto” di questo delinquentello disadattato, privo di morale, guidato dai propri istinti animaleschi (di sopravvivenza, di consumismo, di elementari soddisfazioni) più che da autentica malvagità. Ma alla fine il film sembra incepparsi e risolversi con una scelta eccessivamente volontaristica: la “grazia” che tocca Bruno appare più che “gratuita”, quasi eccessiva, una specie di “colpo di scena” spirituale e non il punto di arrivo di una maturazione personale. Comunque, non lascia indifferenti.
(Anton Giulio Mancino, “Cineforum”, 451, febbraio 2006)
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